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L'ultima volta che siamo stati bambini

Regia di Claudio Bisio vedi scheda film

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La recensione su L'ultima volta che siamo stati bambini

di mm40
6 stelle

Italo, Vanda, Cosimo e Riccardo sono quattro bambini che giocano insieme per le strade di Roma durante la seconda guerra mondiale. Un giorno Riccardo viene prelevato insieme alla sua famiglia, in quanto ebreo, e mandato su un treno in Germania. Gli altri tre decidono di seguire i binari a piedi per raggiungere l'amico e riportarlo a casa.


Alla tenera età di 66 anni Claudio Bisio esordisce come regista, dopo quattro decenni di più che onorata carriera da interprete; si riserva qui anche un piccolo ruolo, quello del papà di Italo, ma lascia il centro della scena a tre piccoli attori diretti in maniera sufficientemente convincente: Carlotta De Leonardis, Alessio Di Domenicantonio e Vincenzo Sebastiani. Al di là di un'altra particina riservata ad Antonello Fassari, effettivamente i nomi di richiamo sulla locandina latitano: nota di merito ulteriore per Bisio e per Medusa/Bartlebyfilm/Solea che hanno prodotto il lavoro (con un contributo ministeriale) puntando essenzialmente sulla storia, sui contenuti. A tale proposito la sceneggiatura di Fabio Bonifacci – con la collaborazione del regista – risulta un'ottima illustrazione del romanzo omonimo di partenza di Fabio Bartolomei per circa tre quarti del racconto; poi vira verso una conclusione melodrammatica a oltranza che, va riconosciuto, al cinema probabilmente funziona meglio che sulla pagina, distaccandosi in modo piuttosto netto da quella originale scritta da Bartolomei. Il ritmo è un po' zoppicante e questa è la pecca principale dell'opera; l'intersecarsi della storia dei tre bambini con quella di suor Agnese e Vittorio finisce per allentare la tensione anzichenò. L'ultima volta che siamo stati bambini ricorda, come tipologia di operazione, quel Soldato semplice diretto nel 2015 da Paolo Cevoli, anch'egli al debutto registico, che però non ebbe particolare fortuna; qui si corregge il tiro mescolando gli argomenti civili (il ripudio della guerra innanzitutto) con toni a tratti oltremodo patetici (la scena della condivisione del galletto con la famiglia affamata, per es.) e, va da sé, la presenza dei giovanissimi protagonisti che induce da sola tenerezza e commozione facile. Sufficienza guadagnata con quel finale straziante, per quanto spudoratamente calcolato. 6/10.

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