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Indiana Jones e il Quadrante del Destino

Regia di James Mangold vedi scheda film

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La recensione su Indiana Jones e il Quadrante del Destino

di marcopolo30
6 stelle

Indiana Jones giunge al suo capitolo numero 5, il primo senza Spielberg in regia, con una storia decisamente migliore rispetto a quella del film del 2008, ma che vira verso toni cupi e crepuscolari che tradiscono l'essenza stessa del mitico personaggio. VOTO: 6

È molto difficile per chi come me è cinematograficamente cresciuto a pane e Indiana Jones sedersi ora comodo in poltrona per guardarne un nuovo sequel in pieno relax. E se nel 2008 mi approcciai fiducioso al capitolo IV, questa volta partivo invece davvero prevenuto, memore della cocente delusione patita in sala in quell'occasione. Comunque ho deciso di provarci anche questa volta. Risultato? Bè, “Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo”, film che contava come timoniere su quello stesso Steven Spielberg padre della mitica saga, era secondo me una pellicola assai deludente tarata a monte da una sceneggiatura (di David Koepp, da un soggetto di George Lucas) dove le buone idee non abbondavano. Era però anche un'opera nella quale l'ottimismo di fondo, spirito dei film precedenti, era stato lasciato intatto. In questo “Indiana Jones e il quadrante del destino” le cose sono andate invece esattamente all'opposto: il film è ben curato per quel che riguarda lo script (firmato Mangold, Koepp e fratelli Butterworth), offrendo una storia degna delle migliori della serie, ma il tutto vira preoccupantemente su toni cupi e crepuscolari che tradiscono secondo me lo spirito dei 'veri' Indiana Jones. D'altronde il regista è questa volta James Mangold, autore con una sua propria identità, una sua peculiare poetica (vedasi il remake di “Quel treno per Yuma” per farsene un'idea), il quale giustamente non si limita a un lavoro di copia-incolla da galoppino da due soldi, ma rilegge invece a modo suo il personaggio. Cos'è meglio fra le due cose? Mah, la domanda più corretta in questo caso sarebbe forse: “Quale delle due rappresenta il minore dei mali?” E la risposta, a modesto avviso di chi scrive, è che si sarebbe potuto e dovuto fare a meno di entrambi i sequels. Certo per i più giovani (o forse anche per chi Indiana Jones lo ha conosciuto già in età adulta) questo di Mangold potrà risultare un film godibile, mentre quello del 2008 era un film brutto a prescindere, ma per noi figli degli anni '70 v'è poco da gioire in entrambi. Mi consola leggere di bilancio in perdita per il film, nel senso che tale disastro finanziario, unito all'ormai avanzata età di Harrison Ford, dovrebbe essere sufficiente ragione per lasciare in pace una volta e per tutte il buon Indi.

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