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Il caftano blu

Regia di Maryam Touzani vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il caftano blu

di laulilla
8 stelle

l film può ricordare “Il filo nascosto”, che P. T. Anderson fece uscire nel 2017: alta sartoria; una prestigiosa Maison; clientela raffinata; un grande sarto e due donne – senza le quali non potrebbe creare – che se lo contendono…

 

Le analogie sono apparenti, però: qui siamo nella Medina di Salé, città del Marocco nord occidentale, in una antica sartoria gestita da una coppia sposata da più di vent’anni: lui, Halim, (Sales Bakri), sarto abilissimo, si dedica con passione a un lavoro artigianale che va scomparendo; lei, Mina (Lubna Azabal), è esperta di tessuti preziosi e di abiti sontuosi, destinati a donne che li usano per le grandi occasioni della vita. A lei si affida Halim per il rapporto con le clienti, per gli acquisti dei tessuti e dei filati preziosi, ovvero per la gestione del negozio.

 

È una coppia affiatata e, si direbbe, senza problemi, anche se la clientela si sta rarefacendo in seguito alla concorrenza degli abiti cuciti a macchina, meno belli ma più velocemente pronti.

Mina risponde per le rime alle clienti della media borghesia, arricchita e frettolosa, che guarda, ammira e poi fugge sdegnata davanti ai tempi di confezione e ai prezzi: un abito per le nozze o per qualche altra occasione importante si potrebbe trovare altrove a Salé né Halim è l’unico sarto del territorio…
Nessuno pretenda, allora, la bellezza e il lusso dell’abito confezionato con le morbide sete dalle mani espertissime e attente di Halim, che sa come maneggiare, tagliare e ricamare i suoi meravigliosi caftani, tradizionalmente nati per sopravvivere a chi li aveva indossati: pezzi prestigiosi del patrimonio familiare.

 

 

 

Le clienti volgari e piene di pretese costituiscono un problema, ma altri, forse più gravi, minacciano il lavoro di Halim, impegnato ora a terminare un meraviglioso caftano blu-petrolio: gli servirebbe un aiutante, appassionato quanto lui ai tessuti e ai filati preziosi, per creare i ricami d’oro applicandoli a lunghezza intera al manufatto al quale sta dedicando il proprio tempo, scontentando la già scarsa clientela …

 

Si era affacciato, un giorno, alla bottega della coppia un giovanissimo apprendista, Youssef (Ayoub Messioui), dai modi educati, dall’aspetto fine e curato, tanto desideroso di imparare quanto Halim era desideroso di insegnargli i trucchi e i segreti dell’antica arte della sartoria tradizionale.

Si entra nel cuore del film: Mina è una donna forte e fragilissima: aveva accettato da sempre l’omosessualità, celata fra i vapori dell’hammam, di Hamil, che l’amava con dedizione in un complesso rapporto d’amore.  
Ora, malata gravemente, sapendo di avere i giorni contati, aveva seguito con una certa inquietudine il nuovo arrivato: aveva intuito il flusso erotico che, attraverso lo sguardo e lo sfiorarsi delle mani lo univa al marito, ma infine aveva deciso di reagire sfidando le convenzioni, aprendo il proprio cuore ai due uomini innamorati che avevano entrambi imparato ad amare profondamente anche lei: l’amore non è possesso, ma condivisione e accettazione della propria unicità, ciò che ci rende tutti diversi nel reciproco e generoso dono di sé, dell’affetto e della tenerezza. 

In quel Marocco reazionario che nega la liceità dell’amore, dalle donne ci si aspetta molta ipocrisia: la stessa che le porta a scegliere il finto lusso dell’alta moda seriale: la bella e sorprendente scena finale del film, lungo le strade della Medina di Salé, nel suo meraviglioso caftano insieme agli uomini della sua vita, Mina avrebbe, forse, davvero cancellato credenze superstiziose e obsolete usanze…

 

Premio FIPRESCI a Cannes nel 2022, il film è in corsa per gli Oscar quest'anno. Con questo film si misurerà il diversissimo Io capitano di Matteo Garrone!

 

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