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The Killer

Regia di David Fincher vedi scheda film

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La recensione su The Killer

di port cros
6 stelle

80° MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA - IN CONCORSO

 

Un freddo e spietato killer (Michael Fassbender) prepara meticolosamente il proprio ennesimo omicidio su commissione, appostato in un ufficio in allestimento dirimpettaio dell’appartamento parigino della sua vittima predestinata, solo per vedere il suo piano mandato all’aria all’ultimo istante da un imprevisto, con la morte della persona sbagliata.  Al rientro a Santo Domingo trova la sua casa violata e la sua fidanzata in ospedale, perché qualcuno ha evidentemente pensato di fargli pagare l’errore commesso. Allora all’assassino si impone di eliminare ogni possibile minaccia prima di finire lui stesso a giocare il ruolo della vittima, risalendo la pista degli indizi da casa sua fino all'ignoto committente deluso.

 

La prima sequenza a Parigi accompagna le immagini della preparazione dell’“incarico” ad un lungo monologo interiore in voice over del protagonista (passa un bel po’ di tempo prima di sentire una voce diversa da quella di Fassbender) che illustra la sua routine e la procedura omicida ripetendo una sorta di mantra che costituisce il suo codice professionale : “stick to the plan, anticipate don’t improvise, trust no one, fight only the battles you are paid to fight”.

 

Michael Fassbender

The Killer (2023): Michael Fassbender

 

David Fincher nel suo thriller prodotto da Netflix e tratto dalla omonima graphic novel francese di Alexis Matz Nolent e Luc Jacamon ci trasporta all’interno della mente del killer, adottando  un taglio psicologico di cui comprendiamo il senso man mano che la storyline vedrà l’assassino di professione, una volta toccato sul piano personale e degli affetti, venir meno alla prescrizione di combattere solo le battaglie per cui è pagato, perdere quel distacco che costituiva un pilastro del suo metodo, smettere di attenersi al piano originario senza improvvisare e insomma tradire in pieno quel codice autoimposto che si ripete mentalmente ad ogni lavoro.

Fondamentale è quindi l’apporto del protagonista Michael Fassbender per sintonizzare una connessione emotiva con un personaggio metodico e glaciale come una macchina, dai tratti sociopatici e  privo di qualsivoglia scrupolo e, all’inizio almeno , apparentemente privo persino di emozioni.

 

Fincher dirige con il solito perfezionismo tecnico scegliendo uno stile ascoutto, quasi documentaristico, curando la natura immersiva delle scene di combattimento, ad esempio l’attacco alla casa in Florida, e affidandosi per una “tranquilla” discussione al tavolo del ristorante ad una comprimaria di lusso come Tilda Swinton.

 

Il suo revenge thriller tuttavia, volutamente distaccato , meccanico e gelido come il suo protagonista, proprio per questo non riesce veramente ad emozionare, così come , per quanto si impegni Fassbender , è arduo entrare in connessione umana con il protagonista, che non si fa detestare ma con cui alla fine non riusciamo neppure ad empatizzare.

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