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Riflessi in uno specchio scuro

Regia di Sidney Lumet vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Riflessi in uno specchio scuro

di rocky85
7 stelle

Una piccola e nebbiosa cittadina della campagna inglese è scossa dal panico seminato da un misterioso maniaco seviziatore di bambine. Dopo l’ennesima piccola vittima, nella notte viene fermato un uomo sospettato di essere il colpevole, Kenneth Baxter (Ian Bannen), che viene condotto nell’ufficio di polizia per essere interrogato. Il rude sergente Johnson (Sean Connery), appena lo vede, è convinto di aver fatto centro. “È lui al cento per cento. Io lo so e basta”, afferma sicuro del suo istinto. Entra nella sala degli interrogatori e comincia a torchiarlo. Ma qualcosa va storto, e quando gli agenti entrano nella sala trovano Baxter riverso a terra e in fin di vita. Quello che sia realmente successo in quella stanza, verrà a galla nel triste finale.

Riflessi in uno specchio scuro (The Offence, 1972) è una delle opere generalmente ritenute minori nella carriera di Sidney Lumet, che pure negli anni Settanta regalerà alcuni titoli molto importanti per il cinema americano. Lo stesso regista non amava molto questo film, ritenendolo imperfetto e poco riuscito. Pur nei suoi limiti e nei suoi difetti, io non sono d’accordo. Riflessi in uno specchio scuro è un thriller poliziesco dall’impianto teatrale che racconta la storia dell'ossessione di una mente malata. Il sergente Johnson è un uomo che ha represso ogni istinto violento in una vita insoddisfatta. È sposato con una donna che forse non ha mai amato e che, nonostante lei ci provi, non riesce a comprenderlo. “Perché non sei bella? Carina, almeno?” gli chiede lui impietosamente. “Non lo sono mai stata. Quando ci sposammo dicevi che lo ero. Lo speravo per te. Ma non mi illudevo. Perché? Ora è importante? Aiuterebbe?” gli risponde lei. “Non lo so, io volevo qualcosa. Io credevo ci fosse, che ci dovesse essere qualcosa di più, capisci. Pensai che fossi tu. Che strano, più bevo e più lucido divento”.

Il mattino seguente al pestaggio del sospettato, Johnson viene interrogato dal sovraintendente Cartwright (Trevor Howard), con il quale ha un duro scontro verbale al termine del quale Cartwright, stremato, lo attacca dicendogli “Non mi va di parlare con te, non vorrei perdere dieci secondi con te. Mi fa vomitare, Johnson, ciò che hai fatto, quello che sei mi rivolta lo stomaco”.

Rispettando l’impianto teatrale, Lumet riesce ad essere angosciante ed inquietante sia nelle sequenze claustrofobiche ambientate all’interno del distretto di polizia sia in quelle notturne all’aperto, nelle quali emerge tutto il senso di impotenza dei tutori della legge.

Prevalentemente abitato dai toni scuri e cupi che rispecchiano l’animo del suo protagonista, pervaso da una atmosfera malsana e pessimista ed attraversato da un tema musicale ansiogeno, Riflessi in un occhio scuro si poggia su una interpretazione sorprendente e coraggiosa di Sean Connery. L’attore scozzese, del quale proprio Sidney Lumet ne aveva per primo intuito le potenzialità drammatiche facendolo recitare anni prima in La collina del disonore (quando Connery tentava di smarcarsi dall'ombra ingombrante di James Bond), aderisce al suo personaggio negativo anche fisicamente, mostrandone il decadimento fisico e psicologico, in una prova feroce e dolorosa. La luce della lampada usata durante l’interrogatorio viene ripresa più volte ed ha la funzione di scandire la narrazione stessa, utilizzando digressioni temporali che ci portano sempre più indietro nel tempo fino a mostrarci, nell’impietoso finale, ciò che è successo davvero nella stanza degli interrogatori.

Johnson, cercando di scovare delle debolezze in Baxter, riversa sul suo interlocutore tutti i suoi problemi, le sue paranoie, le difficoltà sessuali ed il difficile rapporto con la moglie. Baxter lo incalza dicendogli che niente di quello che ha fatto può arrivare alla metà dello schifo dei pensieri nella sua testa. “Io non vorrei avere i tuoi pensieri. Non c’è niente che possa dire che tu non abbia immaginato, un giorno.” Baxter mette a nudo le sue paranoie, i pensieri ricorrenti nella sua testa, i ricordi delle vittime per le quali non è riuscito a fare niente. L’interrogatorio si trasforma in una seduta psicoanalitica nel quale è il violento detective a chiedere aiuto per i suoi pensieri malsani. Poi la rabbia repressa si scatena, i pugni, il sangue. "Dio! O mio Dio!" La luce della lampada diventa sempre più sfocata, fino ad avvolgere i titoli di coda. Poi è notte fonda.

 

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