La recensione su Hustle

di alan smithee

5 stelle

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Stanley Sugarman, un abile cacciatore di talenti, ex giocatore di pallacanestro infortunatosi gravemente ad una mano (Adam Sandler), impegnato a selezionare nuove promesse internazionali da inserire nella prestigiosa lega di basker conosciuta come NBA, si imbatte in Spagna in uno spilungone dal talento eccezionale (lo interpreta il vero cestista spagnolo Juan Alberto Hernangomez Geuer, professionista nella NBA presso gli Utah Jazz), ma da carattere duro ed alterato dalle insidie subite lungo i primi suoi 22 anni di vita. Un giocatore tutt'altro che professionista, ma che dimostra di avere nel sangue un talento non comune in quel particolare sport così in auge nel nuovo continente.

Condotto a sue spese negli Usa, e certo del suo talento fuori dal comune, il determinato coach dovrà scontrarsi con figlio del proprietario (Ben Foster) di una prestigiosa squadra con la quale da tempo collaborava, i Philadelphia 76ers, che, a causa della improvvisa morte del vecchio capostipite (lo interpreta, in un breve ma fondamentale cameo, il gigante Robert Duvall), si ritrova a dirigere la squadra, spadroneggiando come un despota pieno di pregiudizi e di superficialità.

La fiducia dell'allenatore per la sua rivelazione, lo spingerà ad allenare di sue spese il ragazzo, sottoponendolo ad un intenso processo di crescita, non dissimile al percorso del pugile Rocky, peraltro bonariamente citato nel film.

E' tutto ben raccontato e diretto in questo Hustle, opera seconda narrativa del regista Jeremiah Zagar, che punta soprattutto sulle doti recitative di un Adam Sandler nuovamente in stato di grazia, per raccontarci (in modo impeccabile), una vicenda vista mille volte, nonché ennesima favoletta sulle straordinarie possibilità di arrivare al successo che sono appannaggio di una società piena di contraddizioni, come quella Usa.

Talenti senza eguali che tuttavia devono fare i conti con il buio dell'anima che li tormenta; gli avversari furbi ed in malafede che inducono il nostro eroe ad inciampare su terreni ampiamente predisposti al tranello; l'establishment che cambia col mutare della dirigenza, che passa da un saggio padre che si fida del nostro allenatore protagonista, ad uno sciocco e caratteriale figlio che agisce di impulso e prova gelosia per il talento dell'allenatore che lo trattava come un figlio.

E poi mogli amorevoli e risolute (la interpreta la rapper, personaggio televisivo ed anche attrice Queen Latifah), allenamenti-sfida in continuo progress e una corsa in salita che si vede costretta a strizzare l'occhio a Rocky, essendo così evidente l'accostamento con l'allenamento del celebre pugile nel film di Avildsen.

Insomma tutte situazioni ed argomentazioni già viste in mille altre occasioni, qui disposte e coordinate al meglio, al servizio di un film che dispone bene lo spettatore e gli offre quasi due ore di sano, complice, tutt'altro che originale intrattenimento.

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