Ormai siamo agli sgoccioli per quanto riguarda THE FABELMANS (2022) di Steven Spielberg, perciò vi consiglio di recuperarlo il prima possibile in sala.
Sammy Fabelman, un ragazzo ebreo, fin dall’infanzia è affascinato dalla settima arte grazie al coinvolgimento diretto e non dei genitori. Nel corso degli anni ne coltiva la passione girando dei filmati con la famiglia e gli amici. Nel frattempo dovrà affrontare le vicissitudini scolastiche, adolescenziali e familiari che plasmeranno non poco la sua vita e il suo futuro.
Come semi-autobiografico è molto curioso. Spielberg a livello narrativo gioca con elementi di fantasia e romanzati con aneddoti e fatti realmente accaduti. Narra molto i personaggi. Sammy che adora girare film con la macchina da presa analogica, coinvolgendo la famiglia, gli amici e i compagni di scuola, ci aggiunge un buon lavoro di montaggio, di sonoro e anche gli effetti speciali su pellicola e sul set. Tale miscuglio tecnico e creativo è condizionato dalla madre, una pianista, che lo incoraggia a sognare e dal padre, tecnico industriale, che gli fornisce i mezzi, la perizia artigianale e qualche consiglio terra terra. Oltre a loro c’è il prozio circense che gli fa’ capire l’essenza dell’arte come arma a doppio taglio e l’amico del padre che sarà un punto cardine per la famiglia Fabelman.
Non mancano le risate per situazioni ironiche e con punte di comicità, come non mancheranno le magagne familiari, i percorsi di crescita e le esperienze scolastiche di ogni tipo.
La tecnica come al solito non si discute, Spielberg gira da Dio con dei movimenti di macchina precisi, dinamici e fluidi quando servono, piani sequenza ben elaborati e con giochi di montaggio tra il digitale e l’analogico quando si passa ai filmati di Sammy.
La musica di John Williams è stupenda, non è memorabile, ma crea atmosfera senza essere invasiva.
Il finale è incredibilmente stupendo, azzeccato e narrativamente meta-cinematografico fino alle stelle.
Per me i difetti sono due.
Il film ha un quarto d’ora di troppo per alcune scene che se tagliate si andava avanti uguale.
E qui c’è il punto debole di Spielberg, ossia la retorica nei dialoghi e in certe situazioni. A volte sono pesanti e altre volte sono fin troppe e in paio di scene almeno fa’ sembrare la vicenda non tanto credibile.
Comunque sia è un buon film, lo consiglio candidamente.
P.S. Dopo due Golden Globe, agli Oscar va’ data una statuetta a David Lynch! Appare per poco, ma vale praticamente tutto il film!!
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