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Big Bug

Regia di Jean-Pierre Jeunet vedi scheda film

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La recensione su Big Bug

di Furetto60
5 stelle

Curioso mix di fantascienza distopica, commedia e satira. Molto grottesco,poco riuscito

Nel 2045, la popolazione abita in case ipertecnologiche, molto confortevoli e comode, tutte identiche, perlomeno da fuori; le persone vivono un’esistenza passiva e noiosa, mentre ai robot sono delegate tutte le incombenze materiali. Gli esseri umani sono serviti in tutto e per tutto, dal personale domestico cibernetico, che pur non essendo programmato per percepire emozioni, anela ad essere benvoluto dai padroni, al punto da esercitarsi a raccontare barzellette, per compiacerli, mentre i nostri subiscono un sistematico bombardamento di demenziali e sadici spot, sotto forma di ologrammi, in cui gli umani vengono maltrattati e umiliati. I sofisticati elettrodomestici, concepiti per evitare anche il minimo sforzo, sono il segno evidente dello sconfortante abbrutimento, in cui sono precipitati gli uomini. Abbiamo una casalinga separata con velleità artistiche di nome Alice, un signore di mezza età perennemente allupato Max, che prova a concupirla insistentemente, l’ex marito di Alice, il megalomane Victor con l’amante svampita Jennifer e la vicina di casa impicciona Françoise, in più due adolescenti apatici e antipatici. Un giorno sciaguratamente si ritrovano tutti prigionieri di questa abitazione automatizzata, in quanto a causa di un bug del sistema operativo, gli Yonix, violenti robot addetti alla sicurezza, sono impazziti e si sono ribellati all’uomo, così le I.A domestiche, i “buoni”, per salvaguardare l’incolumità dei loro padroni, si ritrovano costretti a recluderli nell’appartamento. Il regista e sceneggiatore Jeunet prova ad allestire una satira sociale , ma si perde in un mix disordinato e grottesco di generi, inscenando una farsa in salsa fantascientifica, tra critica dei costumi moderni poco incisiva e pochade francese, con momenti da sit-com televisiva; Il film è un prodotto disomogeneo, confezionato ricorrendo alla Cgi, con una fotografia da “cartoon” di matrice giapponese, usando colori  retrò, costruito su inquadrature sbilenche; opera con caratteristiche tipiche della filmografia di Jeunet, ma tra le meno riuscite del regista.

 

 

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