Espandi menu
cerca
Non aprite quella porta

Regia di David Blue Garcia vedi scheda film

Recensioni

L'autore

maghella

maghella

Iscritto dal 15 aprile 2010 Vai al suo profilo
  • Seguaci 191
  • Post 321
  • Recensioni 458
  • Playlist 103
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Non aprite quella porta

di maghella
6 stelle

Ci sono 3 cose da sapere prima di vedere un qualsiasi film su Leatherface:

1- Leatherface non muore mai,

2- Leatherface non invecchia mai

3- (la cosa più importante) non fare mai, ma proprio mai, assolutamente mai, incazzare Leatherface.

Mark Burnham

Non aprite quella porta (2022): Mark Burnham

In questo ennesimo film sulla saga di Facciadicuoio, il mio adorato, lo troviamo in una vecchia cittadina fantasma del Texas, sulla quale ha messo gli occhi una banca che la vuole trasformare in una sorta di Outlet, organizzando sul posto un’asta con finanziatori dell’ultima ora. A sponsorizzare questa operazione immobiliare sono 2 influencer molto popolari: Dante e Melody, il primo è accompagnato dalla sua fidanzata mentre la seconda è con la sorella più giovane Lila, unica sopravvissuta ad una strage avvenuta nel suo college.

50 anni dopo lo storico massacro di Leatherface del 1973, i 4 sprovveduti si ritrovano nei luoghi della prima mattanza, ma senza esserne a conoscenza. Così, anche loro, entrano nel paesino texano con la solita arroganza che contraddistingue i borghesi di città, e con la solita prepotenza cacciano via in malo modo la proprietaria dell’orfanotrofio che ospita (guarda  caso) proprio il “cresciutello” Leatherface. Quando la dolce vecchietta, l’unica che riesce a far rigare dritto il mastodontico Leatherface con dolci parole persuasive, muore di crepacuore per essere stata cacciata ingiustamente dalla sua proprietà, Leatherface pensa bene che sia arrivato il momento di mettere da parte le buone maniera che la sua benefattrice gli aveva insegnato, indossare la sua faccia (debitamente scuoiata sul posto) e ritornare a proteggere la sua casa. Inizia così l’ennesima (e sicuramente non ultima) vendetta del mio adorato, che da anni non chiede altro di essere lasciato in pace e che invece (da anni) viene sistematicamente stuzzicato da sprovveduti, irrispettosi, arroganti, ragazzotti di città. Ad aspettare il ritorno di Leatherface da 50 anni, c’è Sally, l’unica sopravvissuta al primo massacro del ‘73, quella che riesce a far danzare il gigante con la motosega nel bellissimo finale del film capostipite di Tob Hooper. Sally è diventata una ranger che da decenni viaggia con la foto dei suoi 4 amici ai quali ha promesso vendetta. Ovviamente, dato le 3 regole iniziali, Leatherface non può morire mai, e chi pensa di mettere fine alla sua esistenza può solo sperare che qualcun altro si prenda il compito di portare a termine il progetto, ma senza troppe aspettative per la buona riuscita. Leatherface è un dio, un dio represso ed incompreso, che non viene adorato da nessuno ma amato da pochi eletti, che protegge i reclusi ed i reietti, i deformi e gli emarginati. Chi lo ha amato e protetto è destinato a sopprimere, il suo volto viene indossato come una maschera orribile, per nascondere lacrime di sangue ed una solitudine profonda. 

Il film di David Blue Garcia, non ha niente che lo rende memorabile, se non qualche buona scena, una su tutte quella in cui Leatherface entra nel bus (con la motosega accesa) che ospita una trentina di persone (le stesse che senza alcun rispetto e conoscenza del luogo, erano giunte per fare del paesino texano un anonimo centro commerciale) e le uccide tutte senza alcuna pietà, spiaccicando le frattaglie tra finestrini e poltroncine, segando in 2 la solerte impiegata bancaria e tagliando gambe e braccia a destra e a manca, affondando la motosega in pance piene e teste vuote. 

Quello che mi è mancato di più in questa storia è stato non ritrovare la famiglia di Leatherface, i cannibali bifolchi e tutto l’ambiente che ha reso Leatherface quello che è oggi: i ganci sui quali appendere i malcapitati per essere salati e farne degli ottimi salumi stagionati, gli arredamenti fatti con le ossa, le frattaglie rinchiuse in barattoli da conserva, insomma tutto quello che contribuiva a fare “atmosfera”, a comprendere meglio il clima che ha reso così “riservato” Leatherface. L’intrusione irrispettosa è quella che fa crollare il precario equilibrio che tiene separato i 2 mondi: quello della solitudine disperata da quello dell’arroganza e prepotenza, è venuto a mancare così l’aspetto più intimo del personaggio di Leatherface. Non è la vendetta a farlo imbestialire, ma il senso di ingiustizia che lo perseguita dalla nascita, questa è la ragione iniziale che purtroppo in questo film non è stata colta appieno, concentrandosi di più su altre cose, volendo cogliere aspetti più politici e moderni forse, ma snaturando così l’anima profonda del personaggio di Leatherface.

Credo che la piattaforma di Netflix sia il luogo ideale per ospitare questo genere di film, casa propria, con il divano e copertina del caso, sono gli elementi che lo stesso Leatherface prediligerebbe per una visione ottimale. Non penso che sia ancora il caso di scomodare Leatherface per un ennesimo film oltre a questo, così come per il "suo amico del cuore" Michael Myers, i 2 miti non hanno più niente di nuovo da aggiungere a quello che già hanno detto e fatto negli ultimi 40/50 anni. Sono entrambi 2 meravigliosi personaggi del male, che sono stati descritti minuziosamente (e non) da chiunque, reinventati, raccontati in ogni loro dettaglio, ora sarebbe il caso di lasciarli alla loro sorte, senza più scomodarli con il rischio di renderli ridicoli, cosa che non si meriterebbero davvero, dopo tutto quello che hanno dato per l’immaginario collettivo degli amanti del genere horror.

Lunga vita a Leatherface, quindi, che tu possa trovare la tua pace tra le mura della tua dimora, senza che nessuno più venga ad aprire quella porta.

 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati