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Minnie & Moskowitz

Regia di John Cassavetes vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Minnie & Moskowitz

di sasso67
8 stelle

La storia a lieto fine (forse) di due derelitti, le cui vite sono tanto diverse e strampalate, da sembrare inconciliabili. Anche in Volti, film girato da Cassavetes nel 1968, la Rowlands e Cassel comparivano in due segmenti completamente distinti della narrazione: lei era una ragazza che partecipava al festino di Richard Forst (John Marley), mentre lui era l'amante occasionale di sua moglie Maria Forst (Lynn Carlin). Qui, Cassel appare fisicamente come la caricatura del giovane aitante visto nell'opera del regista grecoamericano di quattro anni prima, un hippie capellone e baffuto, come fa notare sua madre anche un po' sdentato, invecchiato precocemente (sebbene ancora agile, come dimostra la scena davanti alla sala da ballo) da qualche eccesso e da una vita precaria. L'unico lavoro che sa fare è quello del parcheggiatore fuori dai locali prima di New York e poi di Los Angeles. Lei è una raffinata impiegata di un museo losangelino, zitella e non più giovanissima, che si sta consumando ai margini di una storia d'amore con un uomo sposato. Quando quest'ultimo la lascia, Minnie, ormai alla deriva, finirà per accettare la corte del buffo capellone che ha sentito per lei il colpo di fulmine («appena ti ho visto, ho pensato "questa è Lei!"»). I due si innamorano (per così dire) nei modi sorprendenti ed informali del cinema di Cassavetes, un regista che se cronologicamente ha attraversato il cinema della New Hollywood - la cui data di nascita è unanimemente considerata Gangster Story (1967) di Arthur Penn - a partire da Ombre (1959), contenutisticamente l'ha solo sfiorata. L'unico film che può parzialmente somigliare a Minnie & Moskowitz è Alice non abita più qui (1974) di Martin Scorsese, dove si viaggia in un'analoga America vociante e nevrotica, che cerca vanamente di dialogare nei fast food.
Il finale, con la cena di Minnie Moore e Seymour Moskowitz con le rispettive madri e il successivo matrimonio (non rato, visto che Moskowitz è ebreo), celebrato da un prete che si dimentica il nome della sposa, danno una patina di commedia ad una stramba love story che avrebbe potuto sfociare anche in senso opposto.
L'ultima sequenza - Minnie e Seymour in giardino a festeggiare  con rispettive mamme e bambini piccoli - sembra confermare l'ipotesi di chi ha evocato (per esempio Sergio Arecco)  l'immagine del Carnevale per descrivere il cinema di Cassavetes.

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