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Ti mangio il cuore

Regia di Pippo Mezzapesa vedi scheda film

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La recensione su Ti mangio il cuore

di Gangs 87
6 stelle

Gargano, in un tempo non ben definito, che somiglia a ieri ma sembra avere il potere del domani, il territorio è conteso da criminali, legati ancora alla legge del sangue che si lava con il sangue. Quando Andrea Malatesta si innamora di Marilena, la moglie del boss dei Camporale, la faida che ne scaturisce non risparmierà nessuno.

 

Pippo Mezzapesa parte da un luogo comune e sopra ci costruisce un film. Ci vuole coraggio! Soprattutto se la storia narrata somiglia a molte altre storie di amori proibiti, già lette dai tempi di Shakespeare, serve inventarsi qualcosa di diverso che possa quantomeno attirare l’attenzione e condurre lo spettatore al cinema. Così Mezzapesa gira tutto in bianco e nero, come a volerci dire che nonostante la narrazione racconti di un tempo concretamente attuale, i patti che la regolano si rifanno ai tempi andati, a tutte quelle leggi che, seppur non scritte, tutti conoscono e da sempre dominano le terre del sud.

 

La bellissima fotografia, confezionata da Michele D'Attanasio (Freaks Out e Tre Piani sono solo un paio film recentemente usciti di cui ha curato la fotografia) che si fonda su una palette di grigi, su un bianco intenso e un nero mai troppo deciso, è l’effetto scenico migliore attorno al quale si costituisce una sceneggiatura mediocre composta da fatti privi di attrattiva, nemmeno troppo ben recitati.

 

Incomprensibile la scelta di Elodie nei panni di Marilena Camporale che pur possedendo il fascino della perdizione, non ha dalla sua l’esperienza recitativa necessaria a costruire un carattere credibile e finisce per ricordare (vagamente) quella Malena della Bellucci che molti non hanno dimenticato. Tommaso Ragno (Michele Malatesta) e Francesco Di Leva (Giovannangelo) sono però notevoli e quando sono in scena scompare ogni cosa intorno, persino le parole dette.

 

Partendo dall’omonimo libro-inchiesta di Carlo Bonini e Giuliano Foschini, Mezzapesa insieme ad Antonella Gaeta e Davide Serino, scrive una sceneggiatura fedele al testo in cui gli uomini della mafia pugliese, tra le più efferate mafie presenti nel nostro paese, firmano gli omicidi sparando al volto, perché deturpare le sembianze significa cancellare anche la memoria, e collezionano le pagelline dei vivi che fanno diventare morti, leccano il sangue delle loro vittime i cui cadaveri danno in pasto ai porci. Si nasce, si cresce e si muore nel culto della vendetta.

 

Una pellicola la cui efferatezza va in crescendo, che mostra la trasformazione anche del più insospettabile dimostrando che il potere, il rispetto, sono la droga e l’arma peggiore che esista.

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