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Tapirulàn

Regia di Claudia Gerini vedi scheda film

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La recensione su Tapirulàn

di Furetto60
7 stelle

Buon esordio alla regia di Claudia Gerini, anche attrice protagonista di questo film.

Ogni mattina, in un meraviglioso loft, le cui pareti completamente trasparenti, lasciano intravedere splendidi scorci del parco sottostante, una bella cinquantenne Emma, alias Claudia Gerini, macina chilometri, su di un supertecnologico tapis roulant. Esercita la professione di “counselor psicologica”, ma curiosamente lavora e corre contestualmente, come spiega al suo tutor e a qualche cliente perplesso, ha bisogno di endorfine per placare la sua angoscia esistenziale e lavorare al massimo del rendimento.
Apprendiamo che Emma non esce di casa da anni, pur essendo continuamente connessa con il mondo esterno, vive da sola, non cerca una relazione stabile ,ma ogni tanto si regala qualche piccola distrazione sessuale a domicilio, non ha e non cerca una vita sociale. Ogni giorno corre sul suo attrezzo, mentre risponde alle videochiamate dei clienti tramite l'app di e-counseling. Ma mentre aiuta a “sistemare” le vite degli altri, la sua resta al palo, traumatizzata da una drammatica violenza domestica, di cui è stata vittima 25 anni prima. Un giorno, arriva una chiamata da parte della sorellastra Chiara, della quale non aveva più avuto notizie: il loro padre sta morendo e lei potrebbe salvarlo con una donazione di cellule staminali. Emma è combattuta,Chiara insiste, vorrebbe ricucire il rapporto, ignorando l’ignobile trascorso del genitore. Mentre cerca di prendere la decisione più importante della sua vita, la nostra continua a svolgere il suo lavoro, ma ormai i fantasmi del passato si sono insinuati nella sua vita, anche il suo rendimento professionale comincia a calare, come le fa notare Marco il suo supervisor, le consulenze stanno diventando una sorta di autoanalisi, in cui ogni interlocutore sembra porgerle uno specchio delle sue angustie e una spinta in più per cercare il coraggio di vivere. Emma ci immerge nel frastagliato mondo della sofferenza emotiva di tanti individui: quello ossessivo-compulsivo, il tormentato dagli attacchi di panico, quello che non riesce a elaborare un forte lutto e l’omosessuale che non ha il coraggio di fare outing, tutte persone che rimangono fuori  dalla vita e dal mondo critico e poco inclusivo con coloro  che manifestano delle “diversità”; la lezione che se ne trae è che occorre  mettersi sempre in gioco, anche se spesso ciò è doloroso, ma si rischia altrimenti di  perdere il contatto con la realtà. Si parla della pandemia e all'impatto psicologico che ha avuto sui soggetti più fragili: molti sono stati colpiti dalla cosiddetta ”sindrome della capanna” in pratica dopo il “forzato lockdown” anche quando la situazione si è normalizzata, in questi soggetti è rimasto il desiderio di restare soli nel proprio appartamento, in una sorta di “comfort zone” non per scelta anticonformista, bensì per timore degli altri; relazionarsi e interagire attraverso un monitor fa sentire più sicuri e i social diventano ottimi “salotti” virtuali in cui fare conversazione, confrontarsi o addirittura lavorare. È ciò che di fatto succede ad Emma. Ovviamente è la scelta più semplice, ma la più sbagliata, il vero contatto umano, con le sue molteplici implicazioni, non può avvenire tramite una macchina. Quest’opera prima di Gerini,
non è esente da difetti: alcune situazioni sono forzate e il lieto fine per tutti un tantino inverosimile; tuttavia è un prodotto coraggioso e intelligente, in cui è lodevole l’impegno a trasmettere un piccolo, grande messaggio: mettete da parte tablet e attrezzi ginnici e andate a correre fuori all’aria aperta, rischiate di buscare un’influenza o il covid, ma perlomeno vi sentirete vivi

 

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