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Nostalgia

Regia di Mario Martone vedi scheda film

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La recensione su Nostalgia

di Peppe Comune
8 stelle

Felice Lasco (Pierfrancesco Favino) torna nel quartiere Sanità a Napoli da dove emigrò più di quarant’anni prima. Si trasferì a El Cairo e nella capitale egiziana è riuscito a diventare un imprenditore di successo.  nato e cresciuto. La madre (Aurora Quattrocchi) è molto anziana, vive da sola e non vuole rischiare di non vederla prima della sua morte. Felice emigrò in Egitto ad un fatto di cronaca che lo vide coinvolto e il suo ritorno nel quartiere riaccende in lui il flusso nostalgico del tempo che è stato. La sua permanenza si protrae più del previsto e questo gli basta per riaccendere in lui la voglia di ritornare a vivere nel quartiere dove è nato e cresciuto. Ha intenzione di chiudere il conto con vecchie esperienze, soprattutto quelle che lo legano all'amicizia fraterna con Oreste Spasiano Tommaso Ragno), intanto diventato 'o Malomm, l'incontrastato e brutale boss del quartiere. Vuole incontrarlo per chiarire i motivi della sua fuga in Egitto ed è deciso a farlo nonostante gli insistiti consigli a desistere di Don Luigi Rega (Francesco Di Leva), l’influente prete anti camorra del quartiere. Ma Felice Losco è di nuovo a Napoli e vuole rimanerci senza in rimorso di aver ricacciato indietro i richiami della nostalgia. 

 

Pierfrancesco Favino

Nostalgia (2022): Pierfrancesco Favino

 

Le forme (dis)articolate delle strade di Napoli hanno sempre avuto un ruolo centrale nell'economia narrativa dei film di Mario Martone. Più nello specifico, è successo in “Morte di un matematico napoletano”, dove l'intera organizzazione della messinscena è tesa a generare un rapporto simbiotico tra la particolare decadenza esistenziale del professor Renato Caccioppoli e quella più generale di una ex capitale europea. È accaduto anche né “L'amore molesto”, dove l'odore dei luoghi accompagnano la scoperta di Delia dei motivi dolorosi che hanno preceduto la morte della madre. Succede poi in “Teatro di guerra”, in cui una compagnia teatrale usa i quartieri Spagnoli per costruire un ponte ideale tra le cicatrici aperte del ventre di Napoli con la Sarajevo martoriata dalla guerra. Tutti  film che a mio avviso sono accomunati, non solo e non tanto dal fatto di essere ambientati nella stessa città, ma dal fatto che questa stessa città, piuttosto che limitarsi ad essere un passivo elemento della messinscena, funge da importante catalizzatore di ogni possibile snodo narrativo. 

Tutto questo succede in maniera evidente anche “Nostalgia”, il film che Mario Martone ha tratto dal bel romanzo omonimo di Ermanno Rea. In effetti, il protagonista “non accreditato” del film e il quartiere della Sanità, che con la sua inimitabile varietà di odori e colori conserva intatta la sua attitudine a risultare affascinante per chi può immergersi senza complicazioni sentimentali di sorta nel suo ventre indifferenziato, o apparire annichilente per chi, nel ritornarlo a vivere quel quartiere, ne può subire la ricerca di vie di fuga che non riesce a trovare.  

La regia di Mario Martone si configura come un'entità presente per la maniera fattiva con cui la somma di diverse inquadrature hanno lo scopo di fornire, non solo delle riconoscibili coordinate spaziali al passo di Felice, ma anche degli attributi caratteriali che rendono immodificabile quel particolare milieu urbano. Perché agli occhi di Felice Lasco il carattere della Sanità si trasforma in una questione di nostalgia dato che in essa vi riemergono le forme identitarie di una personalità a cui il tempo trascorso non ha affatto cambiato i connotati essenziali. Perché tramite la sua particolare vicenda esistenziale, la nostalgia si configura come un sentimento che conserva in toto un suo carattere ambivalente : o arriva ad inabissare la memoria nella dolente constatazione che "la bella età" non torna più, o a colmare vuoti affettivi che il tempo trascorso si è solo premunito di mettere in stato d'attesa. In ogni caso, certifica un punto di non ritorno con il quale non è sempre facile instaurare un rapporto conciliante 

Mario Martone fissa questo punto nella toponomastica di un quartiere che in ogni istante spinge Felice Lasco a spostare il limite della sua pace interiore : riannodare i fili con un passato che senza soluzione di continuità gli ritorna con le stesse strade da percorrere e inaspettate epifanie da riesplorare. Non si tratta semplicemente di ricordi che a stretto contatto con il quartiere che ha lasciato quarant'anni prima riemergono dai cassetti della memoria, ma di un qualcosa che palesa una concretezza che è fisica e morale insieme, tanto frutto dell'urgente bisogno di recuperare il tempo perduto, quanto determinata dalla nostalgica accettazione di un conto da dover necessariamente chiudere. 

La chiavi di tutto sta in una domanda che Don Luigi fa a Felice. “Chi è per te Oreste Spasiano ?, gli chiede il prete. “U' primmcumpagnmj, è nu’frat, gli risponde Felice, con una perentorietà che sembra nata dalla chiara intenzione di non tradire la verità di una complicità amicale che aveva le stimmate della reciproca iniziazione alla vita di strada. Perché, col suo ritorno a Napoli, le lancette del suo animo sono ritornate all'ora esatta della sua partenza dal quartiere. E ora sente l'urgenza impellente di chiarire, prima di tutto a sé stesso, che se è fuggito è stato per guarire della paura di aver visto la morte prodursi davanti ai suoi occhi. Che la fuga in Egitto non è stato un atto di “tradimento” nei confronti del suo “amico fraterno”.

Ma non può farlo senza guardare dritto negli occhi Oreste Spasiano e dirgli che quarant'anni possono bastare per ricacciare definitivamente nell'oblio i peggiori fantasmi, che lui ha il diritto di rimanere a vivere nei luoghi della sua infanzia, a rimettere le radici nel posto in cui sono sempre state. Che nonostante le rispettive vite abbiano preso strade diametralmente opposte, gli anni passati possono non aver fatto evaporare la bella amicizia che è stata. 

Il punto sta nella maniera diversa in cui la nostalgia agisce nei due uomini, e la misura è data proprio dal modo in cui in ognuno si sono imposti i quarant'anni trascorsi lontano : in Felice hanno accresciuto il desiderio di riparare al rimorso di essere scappato senza salutarlo, in Oreste hanno tenuto a caldo un rancore che ha solo voluto aspettare il pretesto adatto per poter esplodere. 

Sempre cinema di ottimo livello con Mario Martone, che a questo giro vede il suo film addirittura concorrere per il Premio Oscar come miglior film straniero. Ma credo che “Nostalgia” sia un film troppo debitore del milieu partenopeo e del carattere gergale dei suoi protagonisti per nutrire troppe speranze di vittoria. 

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