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Nostalgia

Regia di Mario Martone vedi scheda film

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La recensione su Nostalgia

di Furetto60
8 stelle

Intenso e vibrante dramma di Martone. Favino superlativo

Felice, alias Pierfrancesco Favino, torna a casa a Napoli, nel centro  del rione Sanità, dopo aver vissuto molti anni in Egitto, per rivedere l’anziana madre,  abbandonata all’improvviso quarant’anni prima. La trova mezza svanita, quasi cieca e chiusa in un basso buio e degradato; l’uomo ormai benestante, le regala un nuovo appartamento. Nella sua città, il nostro si perde piacevolmente, tra i vicoli e le strade, ricche di voci, tra le chiese del quartiere, assiste ad una messa all’aperto celebrata da un prete coraggio, tale Don Luigi, che sfida apertamente la malavita e accusa le istituzioni assenti; lui è rapito da una struggente malinconia, giungono a lui i ricordi di una vita, trascorsa a compiere scorribande nel quartiere con Oreste, il suo migliore amico d’infanzia, con il quale condivide un torbido segreto. Napoli non ha più niente da offrirgli, dovrebbe avere il buon senso di rientrare al più presto da dove è venuto; invece, stordito e preso dalla forza irresistibile della nostalgia, non riesce più a staccarsi dalla città. Come diceva Pasolini:” La coscienza sta nella nostalgia. Chi non si è perso non ne possiede” questa citazione che apre il film verrà rievocata varie volte nel corso della pellicola. La nostalgia in questo film ha un potere diabolico, si impadronisce del protagonista Felice dal momento in cui mette piede a Napoli e non lo molla più, trascinandolo nella  sua condanna, nel momento in cui gli impedirà di lasciare quel luogo. A poco a poco, l’imprenditore felicemente sposato con una bella donna al Cairo, viene risucchiato dal cuore di tenebra della sua città. Ha un peso sulla coscienza che vorrebbe togliersi, Felice l’aveva fatta grossa col suo compagno, ma era scappato e aveva cambiato vita, al contrario del suo caro amico  Oreste, che era diventato un criminale, temuto da tutti “O Malommo”. Il film del regista partenopeo è molto fedele al libro omonimo di Rea, divide la narrazione in due parti: la prima dedicata al ritrovato rapporto di Felice con la madre e con la città, la seconda scava nei meandri della sua memoria, tormentato dai fantasmi del passato. De Filippo negli ultimi anni della sua vita, ormai disilluso e disincantato, esortava i giovani napoletani a lasciare Napoli: “Fruitevene!” disse pubblicamente e polemicamente ed è lo stesso messaggio che tutti rivolgono a Felice, subito dopo il funerale della madre, a partire dal vecchio amico di famiglia Raffaele alias Nello Mascia, al suo vecchio amico/nemico Oreste. Ma è la nostalgia, la fottuta canaglia, che non consente al protagonista di andar via e lo consegna al suo inesorabile destino. Felice/Favino nel corso di questa esperienza, cambia modi e linguaggio, dall’accento esotico e dal grugno sul viso, passa ad un eloquio vivace e dialettale e torna a sorridere di nuovo. Resta nell’ombra e intravisto e accennato il personaggio di O' Malommo. La Mdp lo inquadra poco e non si sofferma sui suoi movimenti nervosi e suoi lunghi capelli bianchi, un destino segnato dalla solitudine e dall’orrore di cui è fatta la sua esistenza. Come viene detto spesso da molti, i più saggi,sarebbe necessario spiccare il volo, liberarsi del passato e guardare al futuro. È ciò che Felice non riuscirà a fare e il passato lo condannerà.  Questa Napoli raccontata egregiamente da  Martone è buia e priva di speranza, in balia di una spavalda delinquenza,che spadroneggia nel territorio, infischiandosene degli eroi come Don Luigi, che provano a togliere  i giovani dalla strada, fornendo loro occasioni di aggregazione, possibilità di praticare  sport, dedicarsi al  volontariato, per donar loro una speranza ed evitare che diventino manovalanza della criminalità organizzata, ma sembra una lotta contro i mulini a vento, in sostanza una guerra persa in partenza. Rispetto agli ultimi film di Martone, Nostalgia è un film con una carica drammatica più forte, porta alle estreme conseguenze le sue riflessioni, non legate alla singola Napoli ma in qualche modo relative all’umanità tutta. Come al solito la sua regia è scrupolosa, coadiuvata dalla splendida fotografia di Paolo Carnera. L’aforisma di Pasolini di cui all’incipit, che accostava la nostalgia alla coscienza, qui è invece  solo la scorciatoia per l’annunciata fine.

 

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