Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film
Salò era il primo capitolo della Trilogia della Morte, un progetto di segno differente alla quella della vita che culminava nel Fiore delle Mille e una Notte, film dove la funzione del sesso era presa nella sua accezione più gioiosa, un dono senza prevaricazioni.
Mutuando il romanzo di De Sade nell'epoca fascista della Repubblica di Salò ecco che il sesso si svela nel suo significato più perverso e distorto, un sistematico massacro di corpi ad opera di un Potere che ne dispone a suo piacimento ed arbitrio.
Un Potere che nel microcosmo della villa è libero da vincoli conflittuali che potrebbero verificarsi al suo esterno. Ognuno dei quattro signori ricopre un ruolo preciso: Capitale, Giustizia, Stato e Chiesa. Ma sono vestiti quasi allo stesso modo. Al primo sguardo è impossibile capire chi rappresenta chi. Sono indistinguibili perchè sono diventati un blocco unico.
Un Potere arrogante nella sua ignoranza, ancora più disturbante quando cerca di essere comico con barzellette o intermezzi umoristici che suscitano solo risate forzate e accondiscendenti. Bambini in preda ad un infantilismo inappagato nel provare sensazione sempre più forti.
Ovviamente non è tanto un attacco contro il fascismo di quell'epoca ma una metafora di un fascismo nuovo, quello del consumismo, che mortifica corpo e spirito, che produce merda, si ciba di merda e fa mangiare merda. Pasolini denuncia la degenerazione di una società con un tono cupo, raggelato nella sua disperazione dove l'unica via di speranza, se speranza si può definire, è adeguarsi allo status quo. Il conformismo. Salò è un film disperato, nessuna via d'uscita, uno degli affreschi più lucidi e pessimistici che mi sia capitato di vedere.
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