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Il ragazzo e la tigre

Regia di Brando Quilici vedi scheda film

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La recensione su Il ragazzo e la tigre

di Baliverna
7 stelle

Un ragazzino nepalese intraprende un lugo e avventuroso viaggio con un tigrotto, dalle polverose campagne pakistane, alle vette innevate dell'Himalaya.

Devo ammettere che ero prevenuto, e mi aspettavo il solito film di animali, con la straordinaria amicizia di un ragazzino con una tigre, e una buona dose di melassa e buoni sentimenti. Infine mi aspettavo la personificazione degli animali, poi qualche sviolinata sul buddismo, e sul fascino dei monasteri tibetani, che ormai sono luoghi comuni. Però mi sbagliavo.

Devo dire che la pellicola non mi è affatto dispiaciuta. Intanto è girata da un regista che ha uno sguardo non convenzionale e superficiale sull'ambiente e sui luoghi esotici e poco conosciuti, che evidentemente ha imparato dal più celebre Folco Quilici (il padre?), noto documentarista. L'ambiente dell'orfanotrofio, nel quale è educatrice il personaggio di Claudia Gerini, è presentato senza inutili sdolcinature, come pure senza elementi troppo prevedibili, come la crudeltà della disciplina. Invece l'orfanotrofio è un discreto ricovero per orfani, tenuto da alcuni adulti che fanno quello che possono per far star bene i suoi ospiti. Il ragazzino vi sta con prevedibile irrequietezza, avendo perso la madre nella natia Kathmandu, in un terremoto, e il suo rapporto con le educatrici è un misto di amore e fastidio. Non vuole infatti colmare il vuoto lasciato dalla madre con nessun'altra figura.

L'incontro casuale con il tigrotto e il lungo pellegrinaggio che ne seguirà lo aiuteranno a fare i conti con il proprio trauma interiore e a superarlo, e a continuare il difficile percorso della crescita, che si era come bloccato. Dovrà anche vedere nella giusta prospettiva la sua affezione per il tigrotto, che tra non molto diventerà una tigre adulta.

Un altro elemento positivo del film sono i numerosi personaggi secondari, che il protagonista incontra nell'arduo viaggio verso l'Himalaya: non sono convenzionali o impersonali, ma a volte pure interessanti (come i cercatori di miele d'alta quota, e il vecchio motociclista). Quanto a ciò, il regista sembra spezzare una lancia per una specie di solidarietà tra poveri, spiccia e senza troppi sentimenti.

La fotografia è anche buona, e offre alcune vedute interessanti soprattutto della campagna pakistana, polverosa e brumosa, inquadrata probabilmente in autunno.

Non aspettatevi un capolavoro - qualche superficialità qua e là si può vedere - ma neppure un film banale per bambini. Anche considerato il fatto che è una coproduzione internazionale – elemento che di solito non aiuta - lo definirei un esperimento riuscito.

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