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Lei mi parla ancora

Regia di Pupi Avati vedi scheda film

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La recensione su Lei mi parla ancora

di Baliverna
7 stelle

Pupi Avati non ha perso lo smalto, nonostante l'ormai veneranda età, e il cinema italiano che continua a cambiare, scendendo di livello.

Devo dire che non mi ha deluso questa ultima fatica di Pupi Avati, che si conferma uno dei pochi validi registi italiani.

L'argomento era abbastanza delicato (cioè il lutto dopo essersi amati per una vita), e le trappole del sentimentalismo, della commozione a comando e della melassa erano tutte lì ad aspettare. Anche l'aria da fiction televisiva, che sempre aleggia minacciosa su progetti come questo, era un pericolo concreto. Tutte queste botole, però, vengono evitate dallo scafato regista emiliano, che conferma peraltro (come sempre) uno sguardo non convenzionale sugli eventi e sui personaggi, e un criterio originale di scelta degli attori. E questo in un'epoca in cui siamo soffocati dai cliché, e dalla rappresentazione in base ad impersonali e presunti aspettative e gradimento del pubblico.

Non posso ora non spendere due parole sui molti attori. Renato Pozzetto si rivela una scelta vincente, che con la sua recitazione misurata e sottotono riesce a essere credibile e a far intravvedere i sussulti dell'anima, non espressi a parole. E poi l'attore interpreta quello che è, cioè un vecchio, appena accentuato dalle esigenze del personaggio. È una franchezza apprezzabile nell'ambiente attoriale, dove di solito si fa a gara per sembrare giovani. Anche la Sandrelli – accreditata con Haber come “partecipazione” - non sfigura e non è leziosa come molte altre volte. Credo che Avati le abbia detto “Mi raccomando, niente sorrisini e civetterie”. Bravo ho trovato Gifuni (lo scrittore) e simpatico e “avatiano” Nocella (il ciccione). Una cantonata è secondo me, però, la scelta di Lino Musella nella parte del protagonista giovane: è fuori età, è legnoso, e mi pare reciti con il rossetto, come ai tempi del muto.

Una scelta incomprensibile mi è risultata, inoltre, la forzata e non necessaria ambientazione invernale, tra sole alto e alberi con le foglie.

Il personaggio più analizzato, dopo il protagonista, è quello dello scrittore. Con pochi tratti ed efficaci allusioni la sceneggiatura ne fa un convincente padre separato con la vita che va un po' a pezzi in tutti i campi. La scena più bella mi è sembrata il suo incontro per strada con la moglie e la figlia; poche efficaci inquadrature, bravi attori (che compaiono in una sola inquadratura), ed ecco che abbiamo un quadro completo in pochi secondi di film.

Le opere di Pupi Avati hanno sempre un accento di amarezza, o una tremenda amarezza (come Regalo di Natale), ma qui non ne ho vista alcuna. O forse c'è, ma si stempera in una positività superiore.

 

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