Un anaffettivo ghostwriter divorziato entra, dietro commissione, nel mondo di un anziano farmacista, da poco vedovo, che ha trascorso 65 anni di matrimonio con l'adorata moglie. Questo incontro gli farà riscoprire la bellezza del tempo di qualità, e dei rapporti umani.
Tratto dal romanzo Lei mi parla ancora - Memorie edite e inedite di un farmacista, scritto dal novantacinquenne padre degli Sgarbi (Elisabetta e Vittorio), questo film potrebbe avere per sottotitolo La Recherche du temps perdu di Pupi Avati.
Nonostante l'esigua durata, di appena 93 minuti, è una pellicola di tempi dilatati, di paesaggi ben fotografati da Cesare Bastelli, servita da una sceneggiatura poetica (a tratti trasognata) ma non sbrodolona, scritta dal regista col fratello Antonio.
Renato Pozzetto ha tentato più volte di calare la carta drammatica senza riuscirci (c'è qualcuno che ricorda Burro di Sanchez?), e questa volta va a segno: la sua celebre maschera di gomma si trasforma in uno spazio esteso, pronto ad accogliere tutti i registri, dal teneramente comico al tragico sommesso.
I suoi duetti con Gifuni, che sono il richiamo alla dura realtà dell'assenza, dopo le tenere parentesi oniriche, sono conquidenti momenti di recitazione, tutti da gustare.
Nel cast ci sono, fra gli altri, anche Stefania Sandrelli nel ruolo della Rina, Alessandro Haber, un'inedita Serena Grandi, e Chiara Caselli, brava da far tremare i polsi.
E Pupi Avati dimostra, ancora una volta, di essere un vero maestro, quando si tratta di mettere in scena le emozioni tra le pieghe dell'esistenza, quelle che - per voluttà della superficie - non osiamo confessarci.
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