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Condannato a morte per mancanza d'indizi

Regia di Peter Hyams vedi scheda film

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La recensione su Condannato a morte per mancanza d'indizi

di dedo
6 stelle

Lo “Star Chamber” (da cui il titolo originale del film) fu un tribunale supremo teso a stroncare ogni tentativo di opposizione politica, creato nel 1487 da Enrico VII. Il Regista , un po’ liberamente, cerca di trasferire lo stesso sistema applicandolo ai reati comuni, di fronte alla impotenza dei giudici di avvalersi delle prove e del buon senso, a causa dei cavilli procedurali. Naturalmente i sistemi giudiziari nei vari paesi sono molto diversi fra loro e, specie nei paesi ove è in vigore la pena di morte e non ci si può permettere un errore nel giudizio, tali regole e procedure hanno una loro ragione di esistere a protezione di un imputato, mentre hanno minore impatto nelle nazioni ove si può, magari con grandi ritardi, provvedere ad una revisione della condanna. Citando, con esagerazione ed agli estremi fra loro, due clamorosi avvenimenti giudiziari, un giovane giudice, si trova suo malgrado ad assolvere gli imputati. Questa situazione gli crea una grave crisi di coscienza e, parlandone con un suo collega e mentore, che in una conversazione ha lasciato cadere la frase “lamentarsi di meno ed agire di più”, richiede con insistenza e decide di entrare a far parte di un gruppo di giudici che illegalmente si configurano come un tribunale d’ultimo appello, capace di emettere sentenze drastiche e definitive nei confronti degli imputati assolti per una applicazione pedissequa delle norme e cavilli procedurali. Ma in uno dei casi a lui assegnati, in cui obtorto collo ha dovuto lasciare liberi gli imputati accusati di un orrendo delitto su minore, viene a sapere che i supposti rei sono in realtà innocenti. La sua coscienza gli impone di fermare la drastica punizione cui sono condannati i due soggetti dall’illegale Star Chamber, correndo rischi personali enormi. Il regista vuole coinvolgere lo spettatore emotivamente e razionalmente sul concetto di “giustizia fai da te” ed evidenziare che le regole e procedure  di protezione individuale sono fondamentali per uno Stato di Diritto anche quando sono l’antitesi di una corretta Giustizia.. D’altra parte qualsiasi cittadino deve essere tutelato sino alla emissione di un giudizio in tribunale. Siamo di fronte ancora una volta all’eterno conflitto fra Legge e Giustizia. Anche se talora ci viene l’amaro in bocca quando, ad esempio un mafioso assassino, condannato all’ergastolo, viene rimesso in libertà perché il Giudice non  ha pubblicato entro due anni dalla sentenza le motivazioni di questa: il meccanismo di protezione della persona è scattato, ma la responsabilità di quanto è successo non è certo da addebitare a cavilli o procedure burocratiche. Il cittadino deve rispetto alle Istituzioni, e non c’è bisogno di Leggi per questo obbligo, ma le Istituzioni il rispetto se lo devono anche guadagnare. Il film è chiaramente una provocazione per una riflessione etica ampia ed approfondita. Condotto con una certa abilità, ricorre ad esempi troppo comodi per sostenere tesi giuste: il pubblico avrebbe capito anche senza questa estremizzazione che con la “giustizia fai da te” non solo non si risolvono i problemi connessi al crimine ma rappresenta un comportamento sovrapponibile a quello criminale che i tribunali combattono e che regole e procedure sono indispensabili per la tutela di un cittadino sino al momento in cui viene assolto o condannato. Come film non è eccezionale per il modo volutamente esasperato nella evoluzione della trama. Resta tuttavia una discreta recitazione, specie da parte Holbrook, ed una più che accettabile coreografia. Voto 6,5

Sulla colonna sonora

sufficiente

Su Peter Hyams

Offre dignitosamente un'opera che solleva grandi problemi etici

Su Michael Douglas

Sostanzialmente una prestazione buona di giovane giudice con una coscienza

Su Sharon Gless

soddisfacente

Su Hal Holbrook

Attore che riesce sempre ad offrire prestazioni da non protagonista indovinate e carismatiche

Su Yaphet Kotto

Discreta

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