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Rude Boy

Regia di Jack Hazan, David Mingay vedi scheda film

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La recensione su Rude Boy

di alan smithee
6 stelle

locandina

Rude Boy (1981): locandina

MUBI

Un docu-fiction artisticamente forse non eccelso, ma certo uno strumento utile e necessario per potersi rituffare nella realtà controversa di fine anni '70 di una Londra colma di contrasti, oltre che nel mondo stroboscopico e un po' punk del gruppo rock dei Clash.

Ray è un giovane londinese che lavora in un book shop pornografico, e vivacchia girando la città attratto dalle manifestazioni organizzate dalle frange della destra più estrema e intollerante, e sognando di entrare a far parte dell’entourage del gruppo pop-rock dei Clash.

Il ventenne infatti spera che i Clash lo assumano col ruolo di “roadie”, ma, quando riesce ad entrare nello staff della band capitanata dall’estroso leader Joe Strummer, il suo comportamento eccessivo e oltranzista lo mette in cattiva luce dinanzi al gruppo.

Le divergenze ideal-politiche del gruppo e quelle del ragazzo creano imbarazzo e un certo disagio che ne sancisce l’inevitabile allontanamento.

La storia, davvero ridotta ai minimi termini in senso narrativo, è più che altro lo spunto che i due registi hanno utilizzato per mettere in mostra il lavoro musicale e le rappresentazioni dal vivo del celebre gruppo punk-rock, alle prese con spettacoli che mettono in evidenza la carica trascinante della band e il coinvolgimento dalla stessa creato nei riguardi del fedele pubblico di fans in delirio.

scena

Rude Boy (1981): scena

Un film ibrido tra fiction (in realtà davvero ridotta ai minimi termini) e documentario (specchio fedele di un’epoca di decisi sconvolgimenti politico-sociali in tutto il Regno Unito), come è Rude Boy, non si può onestamente segnalare per doti tecniche o di racconto cinematograficamente di rilievo.

La parte narrativa e recitata è solo una bozza, o poco più di una sceneggiatura di raccordo, utile a rappresentare gli scatenati concerti che resero i Clash uno dei gruppi più di tendenza tra fine anni ’70 e metà anni ’80.

Un gruppo destinato a estinguersi in poco più di un decennio, ma tutt’altro che una meteora, in grado come fu di contaminare generi e tendenze musicali in nome di una rappresentazione sempre tendente all’eccesso e alla capacità di infiammare il palco, percependo al meglio la reazione del pubblico adorante.

Tuttavia, nonostante una prova attoriale solo leggermente superiore alla pura amatorialità da parte dell’interprete protagonista che impersona il ventenne Ray (Ray Gange, che di fatto interpreta qualcosa di simile a se stesso), la sezione narrativa del film riesce in qualche modo a comunicare il disadattamento del ragazzo e l’impossibilità di potersi votare a divenire parte integrante di un gruppo le cui ideologie non coincidono affatto con le frequentazioni dell’ingenuo Ray.

E qui il film, attraverso le immagini di repertorio e i filmati tratti dai concerti della band, si adopera a celebrare i progressi sia tecnici che artistici di una band dalle ideologie improntate verso una tutela di una classe operaia decisamente a repentaglio nel periodo che segna la vorticosa ascesa al potere della Thatcher e del suo partito non proprio improntato alla salvaguardia del ceto più bisognoso.

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