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Tommaso

Regia di Abel Ferrara vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tommaso

di ed wood
9 stelle

L’ondivago e talora disarmante cinema del recente, anarcoide, apolide Ferrara trova finalmente una vetta espressiva in “Tommaso”, punto d’arrivo di questa sua ricerca di un’estetica di frontiera, fra impostazioni para-documentaristiche, slanci poetici, tentazioni saggistiche, dialoghi semi-improvvisati. A questo giro, Ferrara è stato in grado di domare l’informe materia audio-visiva grazie ad uno stato di rara ispirazione che gli ha permesso di trovare inquadrature di grande finezza e forza espressiva, nonostante la carenza (o meglio la banalità, la prosaicità) dei mezzi a disposizione: in set domestici e cittadini (una Roma estiva reinventata come misterioso ed inafferrabile luogo dell’anima), Ferrara trova la poesia utilizzando espedienti corrivi come i riflessi dei finestrini di un auto, le smerigliature degli specchi di un armadio, semplici fonti luminose, le ombre delle pale di un ventilatore, concedendosi infine qualche lente anamorfica nei grandangoli fra gli alcoolisti anonimi.

 

Ma soprattutto, il motivo della riuscita di “Tommaso” risiede in quella che una volta si chiamava “urgenza espressiva”, ossia l’aver qualcosa da dire, il “fare ciò che ci è più congeniale” (per dirla con Fellini, che ogni tanto, come Ferrara, si divertiva a realizzare film in forma di Bloc Notes). E questo qualcosa che Ferrara ha da dire sono i suoi demoni di sempre, le due dipendenze, i suoi tormenti, le due debolezze, i suoi tentativi di redenzione. Film-terapia, film-catarsi che dribbla le trappole del narcisismo, nonostante le notazioni autobiografiche che si evincono a partire dalla bimba protagonista, che è proprio la figlia di Ferrara. Tommaso, alter ego del regista, interpretato (o sarebbe meglio dire, ri-vissuto) dall’immenso Dafoe con un’aderenza al personaggio che ha del miracoloso, vista la premeditata fragilità dello script, ha bisogno di vedere per credere, biblicamente parlando. E vedere significa provare a comprendere il mondo come se stessi, affrontare gioie ed affanni quotidiani, rapportarsi con l’altro (familiari, alcoolisti anonimi, clochard molesti) per cercare di dare un senso alla propria esistenza. In una parola, vivere. Che può significare, anche, fallire. Tommaso dispensa sorrisi e dolcezza a profusione, ma le ombre del passato e della sua inestirpabile anima nera emergono a poco a poco, ellitticamente, oniricamente, mentre le allucinazioni si fanno sempre più concrete, fino al breakdown finale.

 

 

Willem Dafoe, Cristina Chiria

Tommaso (2019): Willem Dafoe, Cristina Chiria

 

 

E’ incredibile come un film così poco scritto abbia una tale lucidità e ricchezza tematica nello sviscerare e tenere insieme tematiche complesse come il rapporto padre-figlia, le incomprensioni fra culture diverse, la specularità fra vita quotidiana e creazione artistica, l’emergenza inarrestabile del desiderio erotico, lo spiritualismo conteso fra trascendenza buddhista e calvario cristiano. Ferrara è particolarmente convincente per come riesce a calare la dimensione allucinatoria in un reale sempre più nudo e crudo. Di solito, film del genere partono realisti e poi si fanno via via sempre più allucinati. Qui invece Ferrara fa l’opposto, come dimostra la progressione delle fantasie di tradimento, che passano dall’improbabile flirt con la barista, a quello già più probabile con la ballerina, a quello reale con la ragazza in macchina.

 

Una concretizzazione di un rimosso sempre più ribollente sotto i tentativi di controllo, che finisce per culminare nella raggelante sequenza dell’omicidio di un ragazzo, neanche un personaggio, un comparsa: in un proliferare di immagini, quello contemporaneo, che ha finito quasi per rendere la morte un frame come un altro, questa sequenza (girata fra l’altro con una maestria memore del Ferrara “gangster” degli anni 80 e 90) lascia sbigottiti come un fulmine a ciel sereno, costringendo a riflettere su quando male possa fare un personaggio che lo spettatore aveva finito per amare. Questa allucinazione che si fa reale, questa oscenità che Ferrara ci mostra in tutta la sua radicale nudità (come nel clou del suo capolavoro, quel “Cattivo Tenente” in cui Keitel viveva la sua turpe, brutale estasi mistica), culmina beffardamente in una laconica crocefissione, immortalata dagli smartphone dei passanti, opera d’arte (e di vita) definitiva per Tommaso, pronto al martirio.

 

Willem Dafoe

Tommaso (2019): Willem Dafoe

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