Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film
Dopo tre anni da un'opera che definire cosmica è dire poco (2001-A Space Odissey, 1968), che auspicava una rinascita dell'uomo nel senso nietzschiano del termine; dopo il fallimento dell'allestimento del sontuoso Napoleon, Kubrick sdogana di nuovo il genere fantascientifico, prima di lui roba da ragazzetti. E lo fa mettendo in scena quei ragazzi appassionati di cinema Hollywoodiano mainstream portati alle loro estreme conseguenze, in un futuro prossimo. E' la storia di uno di loro, Alex, prima carnefice poi vittima, prima mattatore e poi spettatore nauseato del suo spettacolo, tra risse, stupri, omicidi, prima di essere fagocitato da un sistema dispotico, disposto a tutto per mantenere l'ordine, persino annientare il libero arbitrio, far scattare la repulsione, caricando gli uomini come orologi (il titolo originale è appunto "arancia a orologeria"), mettendo del meccanico nelle viscere, una filosofia votata alla sua distruzione o al suo superamento. Il finale facilmente consolatorio ("Sono guarito...eccome!") anziché chiudere con una esclamazione, si chiude più probabilmente con una interrogazione. Si è guariti, ma da cosa, ma soprattutto, si è mai stati malati? Ci si potrebbe chiedere. Ma i sipari aperti da questo film sono multiformi come il corpo stesso di questo film. Forse più la paura di porsi così tante domande davanti a questo film, che scavare dentro di sé per cercare delle risposte, ha spaventato i suoi primi spettatori. Riesce a inquietare, per la messinscena studiata a tavolino, una recitazione brechtiana, e uno stile pop, la musica classica che fa da contraltare alla violenza della finzione e a quella della realtà e a volte esce tristemente dallo schermo, per incapacità di uscire dalla catarsi (nel senso aristotelico del termine) che vorrebbe offrire. Forse anche per questo è una delle poche pellicole che merita la tanto abusata definizione-qui calzante a pennello- di capolavoro.
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