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Piccole donne

Regia di Greta Gerwig vedi scheda film

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La recensione su Piccole donne

di Gangs 87
7 stelle

Dopo il discusso Lady Bird che divise pubblico e critica, Greta Gerwig torna a dirigere Saoirse Ronan, affiancandole un cast superbo, e resta fedele a quello che sembra essere il periodo di crescita che più le piace raccontare: l’adolescenza. Stavolta lo fa adattando, per l’ennesima volta, il celebre romanzo di Louisa May Alcott in cui si racconta delle sorelle March: Meg (Emma Watson), Jo (Saoirse Ronan), Beth (Eliza Scanlen) e Amy (Florence Pugh), quattro giovani donne determinate a seguire i propri sogni, alle prese con i classici problemi della loro età, sullo sfondo della Guerra Civile Americana.

 

La trasposizione ideata dalla mente della Gerwig si distingue dalle precedenti per diverse, non sempre apprezzabili, caratteristiche. In primis l’uso che fa dei colori e della fotografia. Pur essendo un film in costume, ambientato alla seconda metà del 1800 (dal 1861 al 1868), l’utilizzo dei colori, che prendono vita per mano del direttore della fotografia Yorick Le Saux,ha il merito sia di condensare la caratterizzazione dell’epoca rappresentata, sia di ravvivarla permettendo a chi guarda di non annoiarsi con inutili, spenti, colori antichi. Altro elemento importante è la scelta, seppur rischiosa, di modificare la cronologia del racconto, alternando il presente al passato, in una serie di flashback che conducono lo spettatore in quello che finisce per essere un puzzle narrativo, alla lunga snervante. Ultimo, ma non meno importante, anzi, la scelta del corposo cast, composto da attori rinomati e dotati di una capacità recitativa notevole; la decisione di impiegare un certo tipo di attori sia per impersonare i protagonisti principali che quelli secondari, garantisce al racconto una struttura solida e convincente che giova all’attrattiva spesso lesa dalla discutibile scelta di modificare la cronologia già sopra accennata.

Che poi, a dire il vero, la pellicola risulta interessante anche e soprattutto per questa particolare caratterizzazione temporale, non fosse per il numero di salti temporali, che siano nel presente o nel passato, utilizzati. Non è quindi la forma a disturbare quanto l’abuso che si fa di essa.

 

Escludendo quest’unica pecca la pellicola della Gerwig genera una visione piacevole e appassionata. Merito senz’altro del racconto dalla quale è tratto che, nonostante gli anni, sembra invecchiare piuttosto bene; il merito però sembra essere soprattutto degli interpreti sui quali spiccano la bravura innata di Saoirse Ronan che da tempo ormai dimostra le sue capacità, tanto quanto la personificazione che Florence Pugh riesce a donare ai personaggi che interpreta. Per quanto breve, anche l’interpretazione di Laura Dern (Marmee March) è centrata e piacevole, mai quanto la visione di Louis Garrel (Friedrich Bhaer) che in quanto a fascino supera di un paio di spanne il pivello Timothée Chalamet (Theodore "Laurie" Laurence) ormai condannato al ruolo di bello e dannato che poco si addice al suo volto glabro che tradisce età e inesperienza.

 

Nel complesso credo che il film diretto da Greta Gerwig sarebbe molto piaciuto a Louisa May Alcott perché possiede il carattere gioioso e malinconico, vivace e riflessivo del suo romanzo e al contempo è animato dalla voglia di osare con cui la Alcott sembra abbia condotto la sua vita.

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