Regia di Oriol Paulo vedi scheda film
Alla terza regia, Il brillante regista catalano Oriol Paulo decide di arricchire i suoi tipici e già complessi marchingegni thriller applicandovi un paradosso temporale. Il risultato è però ben al di sotto delle aspettative.
Da vero hater degli spoilers, mi risulterà oltremodo difficile scrivere una recensione di natura non completamente positiva su questo “Durante la tormenta” e spiegarne le ragioni senza inciampare, appunto, in odiati spoilers. Ci provo. Oriol Paulo mi aveva fatto letteralmente sbavare quanlche anno fa con la sua opera seconda “Contratiempo”, thriller hitchcockiano dotato di un marchingegno a incastro davvero di prim'ordine. Ero quindi andato a riscoprire la sua opera prima, “El cuerpo”, e anche quello mi era piaciuto senza riserve. Il suo terzo lungometraggio, “Durante la tormenta” è uscito in un periodo per me assai intenso a livello sia personale sia lavorativo che mi ha tenuto ben lontano dal cinema per almeno un biennio, e infatti non solo non lo vidi al cinema nel 2018, ma fino all'anno scorso nemmeno sapevo che fosse uscito. Ho potuto finalmente recuperarlo su Netflix qualche tempo fa e due sono le riflessioni che tale visione mi ha suggerito: 1) Paulo è semplicemente affascinato da copioni complessi e sempre al limite del fuorigioco. Naturalmente, tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino, e a questo terzo tentativo la bandierina del guardalinee si è alzata davvero a segnalarglielo l'off-side. 2) Il paradosso temporale è qualcosa che continua ad attirare autori di cinema (e di letteratura) di ogni dove e quando, ma resta anche un campo minato nel quale è tanto facile entrare quanto difficile poi uscirne vivi. Entrando nel merito della pellicola, il regista catalano dimostra anche questa volta ottima padronanza del mezzo tecnico e realizza un film che a livello puramente visivo non ha nulla da invidiare alla sua opera precendente (anzi, forse addirittura la supera) e gli attori sono tutti ben in parte, particolarmente Javier Gutierrez nella parte del cattivo, un attore che è ormai per i film spagnoli una garanzia DOC; press'a poco quello che è Tony Servillo per le produzioni nostrane. La sceneggiatura è però eccessiva, barocca e -nonostante il mestiere e l'arguzia dell'autore- presenta comunque buchi. Il contrario sarebbe stato d'altronde impossibile, considerate le premesse
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