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Joker

Regia di Todd Phillips vedi scheda film

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La recensione su Joker

di giurista81
7 stelle

E' un Joker che non ti aspetti, svuotato di ilarità, di azione e soprattutto dei contenuti fantasy propri della saga Batman. Il motivo trainante è la caratterizzazione e la genesi psicologica di colui che si farà conoscere al mondo come Joker. Todd Philipps, regista di fortunate commedie quali Starsy & Hutch (2004) e Una Notte da Leoni (2009), plasma una pellicola a dir poco triste e tragica, di forte critica sociale e tutta fornita dalla prospettiva del "cattivo" (tanto che a volte si fatica a comprendere quanto sia reale quello succede e quanto invece sia frutto dello sballato filtro critico del protagonista). E' la società a creare i mostri, questo il messaggio che spicca in modo evidente dalla visione. Arthur Fleck è un reietto, un disadattato affetto da disturbi comportamentali attribuibili a un'infanzia in cui ha subito pesanti abusi che ha mentalmente rimosso. "Io non sono mai stato felice in vita mia" afferma più volte.Non c'è traccia del genio di Heath Ledger, né della tetralità guascona di Jack Nicholson. Il Joker di Joaquin Phoenix è un personaggio in evoluzione, assai impacciato, goffo, isolato per scelta altrui (lo evitano perché lo trovano diverso, strano). Solo verso la fine si vedono fiammate in cui la rabbia deborda dai limiti dell'inconscio e diventa manifesta critica e da questa rappresaglia verso i ricchi e i facoltosi, a cui Joker attribuisce ogni colpa del suo insuccesso. La sua è una vita in cui cerca di farsi amare, di integrarsi e di essere accettato. Quella risata che lo accompagna, quale reazione nervosa nei momenti di tensione, dappirma suscita divertimento nello spettatore ma, alla lunga, è una pugnalata nel cuore dei sensibili, un disperato grido di aiuto che resta inascoltato e funge da spunto per battute e prese di giro (si veda il personaggio di De Niro, che lo invita pure in trasmissione per trattarlo quale scemo del villaggio). Fleck cerca di far ridere la gente, ma la gente ride di lui, non delle battute (tutt'altro che illuminate). Nessuno si scomoda per capirlo, non c'è interesse per questo. Piuttosto è molto più semplice deriderlo, pestarlo, derubarlo e persino rinchiuderlo in un centro di igiene mentale. Eppure Arthur non demorde. Immagina di avere un rapporto sentimentale con la sua vicina di casa, che spia e pedina. Lo si vede in sua compagnia, con lei che lo incoraggia, lo accarezza nei momenti di sconforto. Ma è tutto un suo sogno, una sua immaginazione. Per gente come lui non c'è spazio per l'amore. Lui allora accudisce la madre, cerca di divertire i bambini. Tutto però si sgretola. Viene licenziato (perché va in giro con una pistola con cui difendersi dai bulli), quindi scopre di esser stato preso di giro anche dalla madre che in realtà lo adottato e non gli ha mai detto questo (un motivo che scatenerà la catena omicidiaria un po' come avvenuto nella realtà a Ted Bundy). Cerca di ottenere amore da colui che pensa di esser suo padre, il candidato sindaco Thomas Wayne (il papà di Bruce, il futuro Batman) che promette di aiutare tutti, ma riceve in cambio un pugno in faccia. Invoca aiuto dagli assistenti sociali, chiedendo che gli intensifichino i farmaci per curare quella risate isterica che lo induce a ridere a crepapelle nei momenti di tensione. Riceve però in risposta che "allo stato non interessano persone come lui". La sanità infatti ha tagliato i fondi e questo determina la sospensione dei colloqui e delle cure. Arthur Fleck è completamente abbandonato dalla società di cui fa parte. "Spero che la mia morte abbia più senso della mia vita" scrive sul diario, dove appunta battute e pensieri, sempre più spinto verso il male. Ed è nella ribellione che trova la sua ragione di vita. Diventa un involontario simbolo di rivolta, il prodotto di una società che non ha tempo per aiutare i più deboli. "Fino a ora pensavo di non esistere, ma ora la gente si accorge di me" dice Joker. Phillips ci racconta la storia dalla prospettiva del cattivo, rendendolo meno cattivo o, quantomeno, comprensibile agli occhi di chi non ha tempo e voglia per comprendere e preferisce condannare e affossare senza spendere tempo ad ascoltare le motivazioni che portano sulla cattiva via.

Joaquin Phoenix sfoggia solida interpretazione, dai tratti schizoidi e bipolari. Dagli occhi dell'attore trapela tristezza, perché il suo Joker è un personaggio triste, una vittima della società, quasi costretto a volgere al male per dare un senso alla sua vita da condannato all'emarginazione. De Niro rispolvera il suo personaggio di Re per una Notte (1983) da cui il regista ruba più di un'idea.

Buoni i costumi (specie il completo giallo-rosso finale), la colonna sonora, ma soprattutto la fotografia con una Gotham City che sembra molto più vecchia del 1981.

La regia predilige semisoggettive, con macchina da presa in continuo movimento e personaggi, auto e oggetti che entrano in scena superando la macchina da presa. Ritmo molto lento, sviluppo ad ampio respiro. 

Da segnalare la sequenza in cui si assiste all'assassinio di Thomas Wayne, uscito col figlio e la moglie dal cinema (dove si proietta un film di Zorro), girata come nella saga Batman di Christopher Nolan. 

Sorprende constatare l'enorme successo riscosso dalla pellicola, peraltro vietata ai minori di 14 anni (a ragione, per la presenza di due omicidi particolarmente violenti e grandguignoleschi), che ha poco del commerciale, preferendo contenuti più profondi sul versante psicologico.

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