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Camorra

Regia di Francesco Patierno vedi scheda film

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La recensione su Camorra

di lamettrie
8 stelle

Uno splendido documentario: soprattutto per il livello della realtà che descrive, e per il merito di chi negli anni ’70 confezionò questi materiali oggi d’archivio della Rai, piuttosto che per l’attività del regista Patierno e degli altri curatori di questo collage. Ma a questi curatori vanno ascritti comunque diversi plausi: per il montaggio, l’intelligenza nello spigolare fra un materiale immenso, le musiche splendide d’accompagnamento.

Il film ambisce ad essere un saggio storico sulla camorra, e sulla sua svolta negli anni ’70. Le valutazioni su tale fenomeno, fuori campo, sono ottime. Ma lo è soprattutto la raffigurazione della realtà sociale di Napoli. Con un realismo a tratti ripugnante, per quanto segue il proprio dovere di essere fedele alla verità, le telecamere mostrano una società primitiva e malata, con l’espressionismo che è inevitabile in un caso limite come questo. Dove le preoccupazioni materiali sono le uniche a poter essere valide: la lotta per la sopravvivenza non lascia spazio ad altre velleità.

Indimenticabili i ritratti dei bambini di cinque anni, otto, già con la sigaretta in bocca a giocare a biliardo; e poi, poco dopo, orgogliosi a confessare le prime rapine.

Una società da cui è totalmente assente lo stato come istituzione, e la scuola pure. Ma in cui è presente l’interesse degli agiati, pochi ricchi, al mantenimento di un’ingiustizia sociale che può essere riscattata solo con la violenza impunita e l’illegalità. In un contesto di fatalismo e immutabilità del destino che ha come esito consolatorio l’affidamento alla divinità, nella volgarità delle forme di quella creduloneria, quando non solo superstizione, popolare. Il marciume degli interni, dove ad esempio in dodici vivono in una minuscola topaia, ha come perfetto pendant la fatiscenza morale. La verità non viene mai detta: al suo posto c’è solo la difesa del proprio tornaconto, con tutti gli arrampicamenti sugli specchi, le reticenze e le menzogne che ciò comporta.   

Un viaggio, quello abbozzato da Patierno, molto intelligente, che mostra lo scarto tra l’essere e il dover essere: chi è legato a visioni eccessivamente razionalizzanti (più che altro, sognanti), la storia non la capisce, nel multiforme, e spesso obbrobrioso, come qui, gioco delle spinte individualistiche. Gioco che qui non produce nulla di bello: ma di consistente, reale, abitudinario, sedimentato nei secoli, e dunque a suo modo vincente, questo sì.   

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