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Il grande spirito

Regia di Sergio Rubini vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Il grande spirito

di alan smithee
6 stelle

Un ladruncolo maldestro viene coinvolto in una rapina da due delinquenti di mezza tacca ancora più imbranati di lui. Nel bel mezzo del furto, l'uomo riesce ad impadronirsi del lauto bottino, che tuttavia, nella concitata fuga, rimane sepolto sotto un cumulo di ghiaia. Ferito, il fuggitivo riesce a trovare riparo su una terrazza che conduce ad una abitazione fatiscente, che l'uomo scopre abitata da un singolare individuo solitario e bizzarro, sofferente di turbe psichiche che lo inducono a ritenersi un membro della tribù dei Sioux, da tutti conosciuto come cervo Nero.

Dai tetti di una Taranto suggestiva in cui i fumi delle ciminiere paiono per davvero richiami e comunicazioni tra i membri di una medesima civiltà, Il grande spirito segna il ritorno in regia, per la tredicesima volta, dell'ottimo Sergio Rubini, attore e comico che ha quasi sempre saputo distinguersi soprattutto anche quando coinvolto anche da regista.

La storia di un'amicizia stramba ed impossibile, dettata inizialmente solo dalle particolari circostanze d'urgenza ed opportunità dell'uno, e dal particolare stato psicologico turbato di quell'"indiano" balordo e tenero lasciato in balia di se stesso, viene sviscerata da Rubini con un crescendo di intensità che riesce a fare breccia nell'animo dello spettatore.

Merito anche delle straordinarie prestazioni dei due attori, in cui un Sergio Rubini protagonista si trasforma ed apparentemente sacrifica a spalla a favore di un altrettanto ispirato e intenso Rocco Papaleo, impegnati in dialoghi esilaranti ove l'incedere dialettale pugliese rende tutto più comico e divertente, anche quando il retrogusto verso cui volge la situazione, comunica più che altro una disperata voglia di evadere da una solitudine che solo il cieco opportunismo e la superficialità dilagante riescono a rendere fisiologica e latente.

Il film è una commedia esile e piccola, colorata da una efficace fotografia che esalta la bellezza opaca di cieli sporcati dall'urbanizzazione di un vivere quotidiano senza troppi scrupoli ambientalisti, e in grado, man mano che la storia prende una sua dimensione, di colpire al cuore per intensità e per la capacità di trasportarci in una dimensione quasi magica, la stessa che rende plausibile scambiare una serie di tetti e solai collegati da colate di cemento organizzate a suo tempo senza troppi riguardi, in una valle piena di alture e depressioni che potrebbe risultare plausibile per riprodurre una versione stilizzata e naif di un incontaminato territorio pellerossa.

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