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Arabesque

Regia di Stanley Donen vedi scheda film

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La recensione su Arabesque

di degoffro
6 stelle

Sulla falsariga di "Sciarada" il regista Stanley Donen, sempre con la complicità di Henry Mancini per le musiche, ritenta il colpaccio, ma, purtroppo, non tutte le ciambelle riescono con il buco, anche perché la coppia Sofia Loren - Gregory Peck non ha lo stesso carisma, la stessa freschezza e la stessa simpatia contagiosa della coppia Audrey Hepburn - Cary Crant. Ciò che poi rende particolarmente faticosa la visione di questo film, comunque a tratti gradevole e spassoso (vedi ad esempio l'ispirata e divertentissima sequenza in cui i due protagonisti cercano di recuperare il fondamentale geroglifico che fa gola a molti, nascosto nella carta di confezione di una caramella e per fare questo coinvolgono anche un'irreprensibile guardia di sua maestà) è l'inutile macchinosità della vicenda, ingarbugliata come non mai, con troppi colpi di scena, a volte piazzati a casaccio, e un intreccio che, alla fine, risulta confuso, pasticciato e poco coinvolgente. E così mentre in "Sciarada" si era sempre più affascinati ed intrigati dalla storia nonché incuriositi nel cercare di scoprire quale fosse davvero il reale ruolo di Cary Grant, qui si rimane piuttosto indifferenti di fronte ad uno sviluppo complicato, incoerente e difficoltoso, poco avvincente proprio a causa della sua artificiosità, posticcio ed eccessivo nei continui cambiamenti e ribaltamenti di identità della Loren, comunque brava ed elegante nella sua recitazione sul modello Hepburn, anche se il prototipo rimane irraggiungibile per tutti. I ruoli qui si sono invertiti: ora è l'uomo ad essere vittima dei frequenti doppi giochi della donna, ma è sempre la bugia il motore della vicenda: "Con le bugie ci facciamo camminare i treni!!!". Donen partendo dal romanzo "The Chiper" di Gordon Cotler si diverte ancora una volta a fare il verso a Hitchcock giocando con i generi (spionaggio, commedia, thriller e azione), si cita con brio ed intelligenza (anche qui come in "Sciarada" il protagonista maschile è "costretto" ad una doccia completamente vestito), regala alcune battute argute e salaci, confeziona almeno due sequenze di assoluto valore (straordinaria quella ambientata allo zoo con eccezionali giochi di specchi, citata poi quasi alla lettera ma con molta meno inventiva da John Badham in "Due nel mirino" con Mel Gibson, e mozzafiato e vorticosa la fuga finale a cavallo dei due protagonisti tra elicotteri e trebbiatrici, campi di grano e capannoni devastati, secondo uno schema collaudato che già il regista aveva sperimentato con successo sempre in "Sciarada": in fondo anche questo film si concludeva con Audrey in fuga). Pregevole inoltre il fantasioso e spigliato stile scelto da Donen ed esaltato dal frenetico montaggio di Frederick Wilson nonché dalla suggestiva fotografia di Christopher Challis: "un caleidoscopico grafismo" secondo il Morandini, tutto giocato sui riflessi, spesso deformati, di lampadari, vetri, sfere, schermi televisivi, gocce, armadi a specchi, cabine telefoniche, tavoli a vetro, specchietti delle auto, con una lodevole attenzione per riprese originali, inclinate o sovrapposte, ricercate e a volte modaiole, concentrate su particolari o su dettagli per lo più estetici (da urlo ad esempio tutto il guaradaroba della Loren). Decisamente dunque un film di regia raffinata e vivace, brillante e sfaccettata, penalizzato purtroppo da uno script (firmato da Pierre Morton, Julian Mitchell e Stanley Price) banale e sconclusionato.
Voto: 6

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