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Caniba

Regia di Verena Paravel, Lucien Castaing-Taylor vedi scheda film

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La recensione su Caniba

di alan smithee
7 stelle

VENEZIA 74 – ORIZZONTI – PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA

Nel 1981 un angosciante fatto di cronaca nera sconvolse l’opinione pubblica francese ed europea: lo studente universitario giapponese Issei Sagawa uccideva la sua compagna di studi, fagocitandone parte del cadavere: un vero e proprio atto di cannibalismo che fece scalpore, e che fece riconoscere il carnefice, inizialmente arrestato e detenuto in Francia, poi estradato in terra natia, come mentalmente instabile, e dunque messo in libertà dopo un periodo di cura presso un istituto specializzato. Il resto della sua vita, lo trascorse gestendo commercialmente la sua torva immagine (furono prodotti filmini soft-porno o direttamente porno con al centro il turpe inquietante protaginista, e pubblicati persino deliranti manga che illustravano, senza omettere i più sconvolgenti particolari dello sttazio sul corpo della vittima, la terribile vicenda dell’omicidio, e le sue ancora più terribili conseguenze successive), cercando di lucrarci sopra, approfittando della curiosità che la sua efferata azione suscitò sull’opinione pubblica mondiale.

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Caniba (2017): scena

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Caniba (2017): scena

La coppia di documentaristi ed antropologi franco inglesi rappresentata da Verena Paravel e Lucien Castaing-Taylor, già impegnati in terra giapponese, hanno deciso di incontrare questa inquietante personalità, cercando di intervistarlo e di metterne in risalto le caratteristiche della propria persona, i ricordi di quel tragico episodio di violenza, di farne emergere i ricordi e gli istinti che mossero questa persona, apparentemente calma e posata, a compiere quell’atto estremo che è anche il più devastante ed insopportabile tra i tabù esistenti e possibili.

Ne è scaturito un documentario choccante e destabilizzante, che è andato ben oltre le reali volontà e prospettive dei suoi coraggiosi autori.

La scelta di impostare le riprese tutte tramite la tecnica del “close-up”, ovvero tramite inquadrature ravvicinate o, più spesso, ravvicinatissime, in modo da rendere impossibile mettere a fuoco od intravedere una persona per intero ed in modo chiaro ed distinto, attribuisce già di per sé il film un coerente (forse), ma anche fastidioso aspetto morboso.

In più, poco a poco che l’ormai anziano uomo si apre raccontando la sua frustrazione provata nel ricevere costanti rifiuti alle avances sessuali che da tempo egli tentava nei confronti della propria amica di corso, ecco che si insinua nella vicenda l’intervento, calibrato e dapprima prudente, poi sempre più invasivo, del fratello dell’assassino: un uomo timido e apparentemente riservato, che poco per volta si apre pure lui a confessioni in cui pare rivendicare, di par suo, pure lui una sua distinta e particolareggiata patologia, in grado di attribuire pure a lui una personalità piuttosto controversa e distorta, tipica della persona che per anni ha vissuto sotto l’ombra di un protagonista più accattivante di lui, e per questo desideroso di comunicare al mondo la sua storia, e di vivere un po’ pure lui da protagonista.

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Caniba (2017): scena

Verena Paravel, Lucien Castaing-Taylor

Caniba (2017): Verena Paravel, Lucien Castaing-Taylor

A questo duello sottotono, ma di sicuro effetto straniante e per certi versi sconvolgente, gli autori aggiungono un interessante frammento di vecchi super 8 che ritraggono i due protagonisti da bambini, alle prese con normali e tradizionali momenti di vita in famiglia o di svago: preziose testimonianze di un Giappone ormai lontano, di cui involontariamente essi diventano testimoni e protagonisti.

La straordinaria valenza di Caniba è quella di non voler giudicare o farsi condizionare dall’indignazione, ma di cercare di entrare dentro l’animo di queste due persone turbate e malate (ed il close-up, per quanto disturbante, si rivela in questo caso una soluzione coerente e coraggiosa) per catturarne le emozioni, provate all’epoca, gli eventuali rimorsi (se davvero ce ne sono), e riuscire a testimoniare come si possa riuscire a vivere, o sopravvivere, con un tale gesto terribile sulla coscienza. In questo senso il Premio speciale attribuito dalla giuria Orizzonti 2017 presieduta da Gianni Amelio, mi pare assennato ed opportuno.

 

 

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