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Master

Regia di Ui-seok Jo vedi scheda film

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La recensione su Master

di supadany
7 stelle

Far East Film Festival 19 – Udine.

Forte di valori produttivi elevati, a tutti gli effetti non ha alcuna limitazione quando sceglie di strafare nello show, Master getta la rete nel mondo della finanza più spregiudicata e dagli effetti sociali devastanti, puntando i riflettori su chi non rinuncia mai a fare la cosa giusta senza lasciare il fianco scoperto ad alcuna tentazione e chi invece è sempre - e solo - votato ad aggiungere un miliardo di dollari sul suo conto, seguendo i principi dell’avidità, utilizzando i mezzi della frode.

Una nuova sfida tra giusti volenterosi e corrotti senza morale, con nel mezzo un fiorire di figure in movimento perpetuo.

La One network sembra un’azienda pronta a soddisfare gli investitori, con il suo presidente Jin (Lee Byung-hun) in grado di aizzare la folla e attrarre nuovi capitali, soprattutto tra i piccoli risparmiatori. Su le loro offerte paradisiache, mette gli occhi Kim Jae-myung (Dong-won Gang), un agente integerrimo a capo di una squadra investigativa con il compito di smascherare illeciti finanziari.

Quando Jin rivelerà le sue reali intenzioni, attuando una truffa che getta migliaia di persone nello sconforto, troverà pane per i suoi denti.

 

Byung-hun Lee

Master (2016): Byung-hun Lee

 

In Master, il mondo dell’alta finanza è un elemento propedeutico per dar libero sfogo a una battaglia a tutto campo, tra machiavellici uomini di potere e chi è disposto ad assumersi le più rischiose responsabilità per contrastarli, mettendo gli interessi altrui di fronte ai propri.

Ui-seok Jo (Cold eyes) riesce a far girare i motori a pieno regime, appoggiandosi su motivazioni legate alla comune sete di giustizia, oliando gli ingranaggi del thriller per poi scatenare l’azione, inserendo anche un po’ di glamour e un filo d’ironia, giusto per ribadire la lezione.

La struttura è quindi articolata, ma senza scivolare nei meandri di tecnicismi controproducenti, e sfrutta personaggi carismatici, resi vividi dagli interpreti, su tutti svetta un rassicurante, ardente e retto Dong-won Gang, mentre Lee Byung-hun trasmette a chiare lettere un ego smodato. 

Attorno a loro sono orchestrati i fili del discorso, un componimento dove ognuno fa il suo gioco, le vie d’uscita vanno trovate in un batter di ciglio e a grandi proclami fanno seguito beffe colossali, in un mondo che non si può salvare da soli, dove le rapine in banche sono sorpassate di netto dai pesci grossi, che agiscono su livelli troppo alti per poter essere affrontati usando solo la ragione impressa nelle regole d’ingaggio.

Alla fine, Master è un film più ludico che raffinato, ama allungare il brodo ma riesce anche a non incagliarsi, utilizzando i suoi (tanti) personaggi all’interno di staffette che prevedono per ognuno la sua ribalta, dimenandoli tra l’incudine e il martello, inseguendo perennemente l’ultima occasione.

Fin troppo spavaldo per conseguire i crismi del grande film ma dotato di carattere, una visione popolare e dinamismo da vendere.

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