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Fabricated City

Regia di Kwang-Hyun Park vedi scheda film

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AndreaVenuti

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La recensione su Fabricated City

di AndreaVenuti
7 stelle

Fabricated City è un film sudcoreano del 2017, scritto e diretto da Park Kwang-hyun.

L'opera è visibile su Amazon Prime Video doppiata in italiano.

 

Sinossi: Kwon è un ex campione di taekwondo allontanato dalla nazionale a causa del suo comportamento violento, almeno così dicono i media. Il giovane distrutto dal suo recente passato non riesce ad integrarsi nella società, diventando presto un disoccupato dedito solo a giocare ad i videogiochi. 

Un giorno la sua triste routine subisce un’impennata imprevista in quanto viene accusato ed incastrato di aver stuprato ed ucciso una ragazza. La vita in galera è durissima, i soprusi sono all’ordine del giorno tuttavia l’obiettivo è sopravvivere e provare a discolparsi…

locandina

Fabricated City (2017): locandina

Fabricated City è l’ennesimo blockbuster coreano tonitruante, pieno di idee e diretto da un regista alquanto interessante. Al timone del progetto troviamo infatti una delle soprese più grandi dei primi anni duemila. Si sta parlando di Park Kwang-hyun, il pupillo di Jang Jin; il noto commediografo e regista, dopo essere rimasto colpito dalla creatività del giovane nel dirigere sorprendenti sport commerciali, decide di affidargli la trasposizione cinematografica di un suo dramma teatrale e così nel 2005 Park Kwang-hyun esordisce al cinema con Welcome To Dongmakgol, ricevendo apprezzamenti/premi a destra e a manca.

 

In Corea, e non solo, sono molti a definirlo “nuovo autore dello star system”, tuttavia non si sa bene per quali motivi Park Kwang-hyun continua a rimanere nel settore pubblicitario e solo nel 2011 ritorna sui set cinematografici per realizzare un action-fantasy ad ambientazione scolastica, ambizioso ed economicamente sfarzoso (titolo provvisorio Kwon Bobma sfortuna vuole che la produzione perde, in più occasioni, svariati finanziatori costringendo l’autore ad abbandonare il progetto.

Solo nel 2017, a distanza di 12 anni dal suo esordio, ritorna a dirigere un film: Fabricated City.

 

Fabricated City è essenzialmente un cyber-thriller difficile da inquadrare con esattezza data la sua struttura narrativa in continua evoluzione; certamente il suo autore vuole perseguire due strade. Da una parte presentare con sguardo critico una storia sul potere e sull’ingiustizia sociale mettendo in scena situazioni cupe ed inquietanti ma allo stesso tempo regalare allo spettatore un blockbuster d’azione teso e spettacolare.

 

Originale l’incipit dell’opera. Il film si apre in medias res mostrandoci una folle battaglia urbana fra i grattacieli di una metropoli sudcoreana. I primi minuti sembrano quindi una sorta di war-movie moderno, detto questo si intuisce l’intento ingannatorio del regista visto l’approccio parodico al genere: l’azione è davvero troppo pomposa ed enfatica tuttavia il frangente termina in modo anticonvenzionale con la morte dell’eroe, peccato che tutto ciò che abbiamo appena visto in realtà sia falso o meglio stavamo assistendo ad una partita videoludica online.

La sequenza successiva prevede invece un cambio di rotta drastico. Il regista si focalizza sull’impatto dei media nel trattare una situazione delicata (caso di stupro e omicidio); i vari notiziari locali puntano esclusivamente a piazzare una notizia sensazionalistica senza preoccuparsi delle conseguenze andando a rovinare l’immagine e reputazione del protagonista subito messo alla gogna e ormai etichettato come mostro agli occhi della popolazione. 

Continuando a parlare dei media Park Kwang-hyun affronta un altro aspetto contemporaneo in riferimento ai videogiochi; sempre più spesso l’opinione pubblica (successo anche da noi) addita l’universo videoludico come il male peggiore e fonte di depravazione dei più giovani quando in realtà i veri colpevoli sono proprio loro.

Chang-wook Ji

Fabricated City (2017): Chang-wook Ji

Andando avanti Fabricated City cambia ancora pelle trasformandosi in un violento prison-movie. In galera fra rivolte, agguati e corruzione regna un caos assoluto in un primo momento molto sofferto dal protagonista. 

Contemporaneamente l’attenzione si alterna alla nuova e drammatica vita della madre del giovane, fermamente convinta dell’innocenza del figlio e pronta a tutto pur di discolparlo; qui Park Kwang-hyun richiama un capolavoro locale, ossia Mother (2009) di Bong Joon-ho.

Questa fase del film si conclude con un’elaborata evasione del protagonista che sancisce una nuova rotta della pellicola, ora un action-thriller a tutti gli effetti.

Park Kwang-hyun a questo, punto minuto dopo minuto spinge sul pedale dell’azione, esagerando in alcuni frangenti ma comunque mantenendo alta l’attenzione visto la sua volontà  di continuare a presentare situazioni sociali scomode. 

Notevole il personaggio di Yeo-wwo, hacker prodigiosa incapace però di confrontarsi e relazionarsi nella vita reale. La giovane è pressoché un hikikomori (un altro film coreano che affronta bene il problema è il celebre Castway on the Moon di Lee Hae-jun), fatica ad uscire di casa ed evita categoricamente qualsiasi tipologia di contatto ed approccio con altre persone, addirittura non riesce a parlare faccia a faccia con i suoi amici e per farlo utilizza il telefono nonostante siano ad un metro da lei.

 

Il regista ragiona poi sul concetto di privacy in relazione alla tecnologia sempre più opprimente evidenziandone dunque la pericolosità dato che ormai non soltanto siamo tutti spiati ma addirittura attraverso apparecchiatore elettroniche è davvero semplice manipolare a proprio piacimento qualsiasi cosa, compresa la falsificazione di prove.

A livello tecnico si segnala una buona regia “meccanica”: le immagini spesso sono filtrate dal monitor del pc, non mancheranno inoltre riprese di telecamere di sicurezza oppure inquadrature date dalla fotocamera dello smartphone o soggettive aeree di droni di ultima generazione. Verso la fine il regista si regala anche una lunga scena interamente in slow-motion richiamando -a livello tecnico- una celebre sequenza del suo Welcome To Dongmakgol.

Caciarona la parte finale (ultimi 20/25 minuti) distinta da una sorta di “roller-coaster” tipica dei blockbuster a stelle e strisce alla Michael Bay, quindi assisteremo ad una successione sfrenata di scene action estremamente muscolari girate comunque con professionalità.

Chang-wook Ji

Fabricated City (2017): Chang-wook Ji

Fabricated City è un cyber-thriller a livelli, inizialmente cattivo poi divertente e spettacolare.

Visione consigliata.

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