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Cinque pezzi facili

Regia di Bob Rafelson vedi scheda film

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La recensione su Cinque pezzi facili

di Stuntman Miglio
8 stelle

Secondo lungometraggio di Bob Rafelson, "Cinque pezzi facili" mette in scena con intensa consapevolezza e lucidità uno spaccato d' America insoddisfatta ed irrequieta. Quella che ci viene raccontata è una nazione confusa, annoiata, alla perenne ricerca di qualcosa che però non riesce a definire nè tantomeno ad afferrare. Le vicende lavorative ed emotive di Bobby ne rappresentano una perfetta metafora. Giovane rampollo di una benestante famiglia di musicisti, pianta tutto e tutti, compreso il pianoforte, per barcamenarsi in giro per gli USA fra lavori saltuari, serate al bowling in compagnia di amici in libertà di parola e di una svampita compagna che lo ama non contraccambiata e che probabilmente ne porta un figlio in grembo. Volubile, potenzialmente anafettivo ed estremamente intelligente, Bobby ambisce ad essere spirito libero contro morale, etichette ed autorità ma non riesce ugualmente a trovare una sua collocazione nel mondo, una sua dimensione. E' anche per questo che, apprese le pessime condizioni di salute del padre, tenta un rientro in famiglia alla ricerca di risposte che diano un senso alla sua vita. Il tentativo si rivelerà apparentemente vano e destabilizzante per quanto porti nel finale ad una piena e deprimente accettazione di sè stesso. Sorretto ed impreziosito dall' interpretazione di un Jack Nicholson tremendamente efficace nel trasmettere il tormento del suo personaggio tra genio e sregolatezza, il film di Rafelson è diretto con mano sicura, senza fronzoli od estetismi e punta dritto al potenziale drammatico che in alcune scene chiave tocca livelli altissimi. Il finale, per quanto inevitabile, è un pugno nello stomaco, l' ultimo colloquio con il padre è straziante mentre la sequenza dell' autostrada con Bobby che inveisce contro gli automobilisti in coda e poi si allontana suonando il piano sul retro di un camion sembra una vera e propria esortazione all' umanità intera. La pellicola prende il suo titolo da una composizione di Chopin che il protagonista suona in una suggestiva scena centrale dove la macchina da presa ruota per 360° all' interno di una stanza dove alla parete sono appese foto di famiglia che svelano la totale assenza di una figura materna.

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