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Cinque pezzi facili

Regia di Bob Rafelson vedi scheda film

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La recensione su Cinque pezzi facili

di Baliverna
8 stelle

Un uomo vive una profonda crisi interiore, che lo porta a rifiutare in toto la vita che aveva condotto fino ad allora.

Ecco del buon cinema anni '70 come non se ne fa più: dialoghi densi, introspezione psicologica e sentimentale, complessi legami tra i personaggi, e questi ultimi sfaccettati. È un cinema dove la trama costituisce solo l'ossatura del molto che c'è oltre ad essa, ed è forse per questo che chi guarda il film solo per vedere come va la storia, rimane poi deluso.

A poco a poco Raphelson compone il ritratto di questo trentenne che vive una vita grama, tra il duro lavoro di operaio e una donna appiccicosa e fragile, per la quale prova un sentimento molto moderato, che si avvicina all'indifferenza. Le noiose serate tra amici e le stupide chiacchiere fanno il resto. È una vita insoddisfacente, che gli crea un disagio interiore sempre crescente, e sempre pronto ad esplodere. Il rientro nel nido familiare riporta a galla dentro di lui i ricordi dell'infanzia e della giovinezza, un periodo felice che sembrava preludere ad un'esistenza molto diversa. A questo proposito, è molto bella la scena del pianoforte, con le foto di famiglia che scorrono nell'inquadratura. Dopo che ha preso atto del male di vivere che lo affligge, l'uscita del tunnel sembra ancora lontana.

I personaggi sono tutti più o meno interessanti, e nessuno è anonimo o vuoto. Persino il manesco e ambiguo badante del vecchio lascia il suo segno. Ma colpiscono anche l'arrabbiata e litigiosa autostoppista con l'amica facilona qualunquista – altri quadretti di vite fallite – o la velenosa e attempata signora, che semina zizzania e ferisce tutti quando apre bocca.

Il film rappresenta bene lo spaesamento e il malessere di una generazione che aveva perso tutti i punti di riferimento e tutti i valori. La vita grama del protagonista è anche il risultato dell'assenza di mete e ideali, qualcosa a qui puntare. Quindi vola rasoterra e si accontenta del minimo, sia quanto al lavoro, che all'amore, che alle amicizie. L'insoddisfazione, però, cova sotto la cenere, e il fuoco può divampare in ogni momento.

La regia di Raphelson è precisa e attenta, come lo è l'interpretazione di Nicholson. A tratti l'attore sfodera uno di quegli atteggiamenti che gli riescono benissimo, e che avrebbe riproposto con imponenza in Shining: cioè dell'uomo che cova rabbia, stizza, e forse follia, che cerca malamente di nasconderle dietro ad una stentata cortesia.

 

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