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Così bella, così dolce

Regia di Robert Bresson vedi scheda film

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La recensione su Così bella, così dolce

di alan smithee
10 stelle

locandina

Così bella, così dolce (1969): locandina

"Lo sai Anna cosa significa soffrire? Quando si sta con una donna così bella, così dolce, uno si sente dilaniato, straziato…".
La fine è nota, ma le cause di un atto brutale e definitivo richiedono tempo e una certa lucidità per essere comprese.
Una bellissima giovane moglie si getta dal terrazzo e muore schiantandosi al suolo, mentre lo scialle che le cingeva il collo ancora si libra nell'aria, tardando a raggiungere quel corpo ormai inanimato e stravolto.
Nel ritrovarla ricomposta sul letto matrimoniale, l'uomo che ne fu marito non si dà pace, proteso a scoprire le cause che hanno indotto la giovane consorte ad un tale gesto di disperazione.
Ma è stata davvero disperazione? O invece è stato un passo salvifico per uscire da una trappola senza uscita entro cui si era inesorabilmente incanalata la donna in modo ingenuo ma scelto deliberatamente per fuggire ad una miseria e ad una solitudine che parevano senza via d'uscita.
Nel cercare spiegazioni che sembrano non esserci, il marito racconta a voce alta dinanzi ad una domestica muta e pietosa come un angelo custode, le fasi cruciali che hanno caratterizzato l'incontro tra i due.
Una circostanza narrativa che permettere allo spettatore non solo di ripercorre i momenti salienti dell'incontro del protagonista con la moglie presso il banco dei pegni che egli gestisce con profitto, dopo un passato piuttosto contraddittorio ed oscuro di impiegato di banca, ma anche di rendersi conto del carattere e dell'indole che li caratterizza, e differenzia.
Ne emerge un ritratto dolente, ma tutt'altro che rassegnato, di giovane donna dai tratti angelici e apparentemente pacati, ma segnatamente determinata a far valere con orgoglio il proprio diritto di donna indipendente e protesa alla salvaguardia del proprio status, piegato da un uomo freddo che ritiene che tutto abbia un prezzo e che tale valore possa essere fatto oggetto di compravendita, secondo modalità che lo stesso sa gestire e manipolare come un aguzzino nel mestiere che porta avanti con un certo successo.
Ancora una volta Robert Bresson si concentra a parlarci del dolore e del mal di vivere; della sofferenza che la vita troppe volte si porta dietro le esistenze singole condizionandole sino alla disperazione; dell'orgoglio che induce l'individuo giusto a sacrificarsi, piuttosto che ad adeguarsi a vivere in una condizione che solo apparentemente lo eleva al rango di individuo privilegiato.
Il grande cineasta francese riesce a fare tutto ciò ancora una volta in modo magistrale: rifuggendo anzitutto ogni vezzo recitativo ed ogni concessione al melodrammatico dai suoi attori, esigendo ancora una volta quello stile di interpretazione apparentemente fredda ed impassibile che circoscrive ogni figura.
Una tecnica che ha reso grande, se non immenso, il cinema di Bresson, e che riesce, probabilmente meglio di ogni altro modo o soluzione,  a rendere i tratti reali di una sofferenza che, per quanto votata allo scoramento, non riesce mai a far perdere dignità alla sua vittima, fino ad indurla ad una scelta che certo si dimostra sacrificale, ma altresì ancor più devastante per colui che vivrà perennemente nel rimorso di essersi fatto sfuggire per sempre quel dono rappresentato dalla sua stessa presenza.
Bresson utilizza, come di consueto, riprese a camera quasi sempre fissa, ma con tagli veloci che riescono a conferire ritmi anche forsennati ai movimenti dei suoi protagonisti, sotto uno sfondo che predilige i suoni ed i rumori di fondo anche sgradevoli, quasi a cercare di coinvolgere lo spettatore in quel turbine di sentimenti e sensazioni che accompagna la tribolazione dei personaggi della vicenda.
Nel cast, attori che Bresson sceglie ancora una volta tra nomi non professionisti, salvo poi ritrovarsi, per una volta, a figurare come talent scout della splendida futura diva Dominique Sanda, in quel momento incantevole diciottenne.
La giovane Sanda infatti era all'epoca una apprezzata modella di Vogue, contraddistinta dalla bellezza e dal candore degni di una figura celestiale, e, come tale, perfettamente consona, nelle apparenze, alla "femme douce" del titolo originale del film.
Ma il cineasta utilizza questi suoi tratti angelici proprio per anteporre questo candore esteriore ad un carattere risoluto e fiero, che impedisce a questo personaggio dolente ed orgoglioso di accettare di subire passivamente l'aridità d'atteggiamento di un marito apatico, incapace di comprendere per tempo l'importanza del sentimento e del rispetto necessari per portare avanti un matrimonio che non sia un semplice contratto di compravendita o di scambio con cui l'uomo si confronta professionalmente ogni giorno, con innegabile ma anche esecrabile successo. 
 
 
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