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I sovversivi

Regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani vedi scheda film

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La recensione su I sovversivi

di maurizio73
6 stelle

Roma, Agosto 1964, sullo sfondo di una Roma accaldata e affollata per i funerali di Togliatti si intrecciano le storie di alcuni personaggi che, in un modo o nell'altro, vivono una loro personale esperienza (professionale,ideologica,familiare) nel segno di un lutto collettivo e di una crisi generazionale impietosa e velleitaria, dal giovane neolaureato borioso e megalomane mantenuto dai genitori all'attivista venezuelano con bella fidanzata italiana e smanie da combattente rivoluzionario, dal piccolo funzionario di partito con una inssoddisfatta moglie lesbica all'occhialuto e compassato regista di sinistra pensoso e ipocondriaco.
Caustico senza dare l'impressione di esserlo e attraversato da un venale sarcasmo, il film dei Taviani è una divertita incursione nel 'dietro le quinte' di un evento politico epocale (la morte ed i funerali del compagno Palmiro) attraverso un intrecciarsi di storie parallele dove attori e comprimari di un Paese in gramaglie si alternano nella veglia funebre di un vuoto ideologismo (...'Figurati.Per me è morto dieci anni fa'), la rituale celebrazione di un lutto collettivo tra gli slanci di una ingenua sincerità provinciale e le ridicole ambizioni di un manipolo di irriducibili sognatori.
Brillante e spigliato sul piano della scrittura, ha momenti di graffiante sincerità nella messa alla berlina dei consueti vizi nazionali ('chiagne e fotte') soprattutto nel sottolineare la stralunata dimensione del ridicolo in cui si collocano le vicende di personaggi a loro modo emblematici di una plateale grettezza umana e culturale; assistiamo pertanto ad un irriverente carosello di boriosi e inconcludenti professionisti del nulla: dal giovane e villoso laureato senza arte nè parte (uno straordinario e acerbo Lucio Dalla) la cui principale occupazione è collezionare ritagli e citare i nomi alla rovescia al rifugiato politico che sogna di diventare un battagliero rivoluzionario in patria ('non dovevo lasciare il Venezuela;l'Europa mi frega!), dal grigio funzionario politico comunista che non sa gestire lo smaccato coming out della moglie lesbica alla demenziale visionarietà di un regista marxista impegnato in una contorta allegoria sulla anarchica senilità di Leonardo (fulminante l'immagine di un vetusto Da Vinci ritratto durante un colossale e ieratico sbadiglio). Film a suo modo anarchico e irriverente, mostra i sintomi di una latente insofferenza culturale attraverso un veloce tratteggio del contesto sociale e la afasica allusività di un linguaggio di frasi smozzicate ed eloquenti silenzi, tra spiazzanti movimenti di macchina e la gustosa citazione del Godard di 'Pierrot le fou' dove un disperato e grottesco Jean-Paul Belmondo si dà una ridicola morte da folle dinamitardo, subito scimmiottato dalla farsesca imitazione del'intellettuale da quattro soldi interpretato da Lucio Dalla: 'Odio i vent'anni e non permetterò a nessuno di dire che è la più bella età della vita!'. Fulminante esordio dei fratelli Taviani in un film autonomo, presentato in concorso alla 32ª Mostra del cinema di Venezia.

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