Espandi menu
cerca
Cowboy Bebop

2 stagioni - 39 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

L'autore

Stanley42

Stanley42

Iscritto dal 22 novembre 2014 Vai al suo profilo
  • Seguaci 32
  • Post 6
  • Recensioni 12
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Cowboy Bebop

di Stanley42
10 stelle

Pietra miliare della storia dell'animazione, Cowboy Bebop è un tassello fondamentale dell'evoluzione e dell'esportazione della cultura anime nel mondo. Da vedere e rivedere.

scena

Cowboy Bebop (1998): scena

 

Shinichiro Watanabe e lo studio Sunrise confezionano una delle serie più belle e importanti della storia moderna dell'animazione giapponese. "C'era una volta un gatto, un po' speciale" racconta il cacciatore di taglie Spike Spiegel alla ladra Faye, in uno dei momenti più toccanti dell'intero anime, racchiudendo in una sola frase tutto lo spirito dell'opera. Watanabe la costruisce esattamente così: con l'andamento di una fiaba noir fantascientifica, che alterna momenti di pura poesia ad altri action di violenza spietata, ma sempre con l'intenzione di raccontare una storia, alla quale se ne affiancano tante altre con altrettanti protagonisti, che, episodio dopo episodio, costruiscono un micro-universo narrativo fatto di regole ben precise.

A tenere unite le varie trame, il "gatto" Spike, alla costante ricerca di un qualcosa che dia senso alla sua vita, ma che si svelerà allo spettatore passo dopo passo e solo nel potentissimo e indimenticabile epilogo che tutt'oggi resta capace di commuovere i nuovi spettatori. A ben vedere tutti i personaggi sono caratterizzati dal tema della ricerca, che sia la memoria perduta, una donna amata nel passato o più semplicemente un posto nel mondo; Watanabe ha l'accortezza e la sensibilità di sottolineare quella che è in fondo l'ambizione di tutti gli esseri umani: il costante inseguimento di uno scopo, di un obiettivo, che sappia risvegliare in noi una volontà di rivalsa, nei confronti di un'esistenza che troppo spesso ci mette in ginocchio con i suoi imprevisti.

Anche in questo generale sconforto però, i personaggi del Bebop sanno essere esemplari: le avversità si affrontano a testa alta e forse persino un destino già scritto può nascondere ancora delle sorprese inaspettate. In fondo, sotto la patina occidentale, batte sempre un cuore che affonda le proprie radici in una morale tutta orientale.

 

In un momento storico come la metà degli anni '90, in cui la serialità orizzontale, rappresentata dal seminale "Evangelion", iniziava a mandare definitivamente in pensione la struttura episodica caratteristica delle produzioni animate del decennio precedente, "Cowboy Bebop" si pone in netta controtendenza: pochi e sporadici episodi collegati fra di loro che portano avanti la trama, per tutto il resto brevi puntate autoconclusive. Se ad una prima rapida occhiata tutto questo genera profonde perplessità, una volta visionata l’opera per intero è impossibile non accondiscendere con la scelta del regista: Watanabe dimostra di essere un grandissimo conoscitore dei tempi narrativi e di come questi si possano interfacciare con l’altro cardine di tutta la produzione Bebop, la musica. Non solo i titoli degli episodi rimandano a brani celeberrimi di pezzi occidentali, ma l’intera struttura dell’anime rispecchia quella che è una partitura musicale. Densità e rarefazione sono le parole d’ordine per la comprensione di un canovaccio narrativo che alterna momenti di concentrazione della trama principale ad altri ben più rilassati di distensione del racconto, in un ritmo (parola quanto mai appropriata) che incede a volte frenetico, a volte solenne.

Da regista con grande gusto cinematografico a maestro di un’orchestra di immagini che ha il compito di tenere sempre lo spettatore attento a ciò che scorre di fronte ai suoi occhi, Watanabe ha maniacalmente curato ogni aspetto della sua creazione, con il prezioso contributo della compositrice Yoko Kanno e dei suoi Seatbelts, artefici di una colonna sonora memorabile, la migliore mai ascoltata in un anime, che spazia dal jazz al rock al soul: una sequenza di brani già classici (dalla frenetica opening “Tank” fino a “The real folk blues”, amara e graffiante) che si integrano alla perfezione con le sequenze cui sono abbinate, creando in certi casi dei sorprendenti videoclip musicali.

A sostenere l’immane lavoro registico ci pensa anche un comparto artistico di tutto rispetto, che non cede mai il passo ad animazioni scadenti: il character design, debitore di un certo tipo di estetica che rimanda a “Lupin III”, propone personaggi tutti diversificati fra loro seppur con tratti simili. Vette di assoluta eccellenza riguardano anche gli elementi di contorno come sfondi e velivoli, tutti realizzati con la massima cura per creare un effetto di tangibilità percepibile.

E tangibili sono anche gli stessi personaggi, caratterizzati in maniera superba, che altrettanto come la trama principale si disvelano agli occhi dello spettatore nelle loro sfaccettature puntata dopo puntata; con una menzione particolare ovviamente per l’equipaggio del Bebop, i cui membri sono ormai tra i più iconici della cultura pop non solo anime: il taciturno Spike, Il burbero Jet, Faye bella e letale, l’hacker Ed sono tutti figli di un recupero di alcuni cliché tipici non solo delle produzioni giapponesi ma anche di opere occidentali che Watanabe ricicla e reinterpreta, donandogli nuovo appeal e fascino, perfetti per una storia che fa del sapiente riutilizzo di situazioni narrative uno dei suoi punti di forza, in pieno stile post-moderno.

 

Qualunque sia il vostro gusto in fatto di animazione, sarà impossibile non apprezzare l’assoluto livello di pregio che “Cowboy Bebop” raggiunge e che lo pone di diritto fra le serie più importanti di sempre, un vero unicum irripetibile all’interno della sua categoria, frutto di uno sforzo congiunto e di una sinergia fra le varie parti che ha dell’incredibile.

Se siete ancora fra i pochi a non averlo visto, fatevi un favore.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati