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Forse. Probabilmente. Chissà.
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L'inizio di Past Lives, pellicola sudcoreana con uscita italiana saggiamente piazzata nel giorno del prossimo San Valentino, colpisce nel segno. Soprattutto le persone che hanno il mio stesso vizietto, peraltro molto "cinematografico". Quello di scrutare gli avventori di bar e ristoranti alla ricerca della coppia da analizzare e sulla quale creare scenari immaginari, a distanza di sicurezza. Avete presente? Generalmente si inizia con le cose semplici: stanno insieme, no, sono amici, no, si sono appena conosciuti su Tinder, ma va'. Poi, dopo un po' di osservazione, possibilmente discreta, senza farsi beccare, si inizia a scendere verticalmente. "Sono sposati. Forse da troppo tempo. Lui parla troppo. Del suo lavoro, sicuramente. Lei guarda fissamente la carta dei vini da dieci minuti. Guarda che espressione.".

Dopo una decina di minuti - soprattutto se in questo percorso siamo affiancati da qualcuno che ha lo stesso vizietto e che non manca del necessario spirito di osservazione - queste conversazioni si trasformano in semi-deliri. Seguendo piste e indizi catturati a distanza, interpretando sguardi e silenzi e spesso inventando di sana pianta, ci si spinge a leggere non solo il passato ma anche il futuro: "Niente da fare, lei lo lascerà presto". "Certo perché oltre ad essere di una noia mortale, con quella giacca dalle spalle spioventi, è sicuramente un evasore fiscale". "E va troppo forte in macchina".
Poi, una volta decretata la fine della coppia, si passa altrove, verso altre situazioni, verso altre combinazioni. Perché, in verità, il terreno preferito per le speculazioni di questo genere non è la coppia ma il trio. E Past Lives inizia proprio così.

Ci troviamo in un bar o un ristorante. Le luci sono calde e soffuse e la prima inquadratura si sofferma e si avvicina molto lentamente a tre persone sedute al banco. Un uomo e una donna orientali parlano fittamente, lei è seduta su uno sgabello al centro e sulla destra, lievemente appartato se non in termini di centimetri almeno nella postura, c'è un giovane uomo occidentale sui 40. Intanto due voci, fuori campo, fanno esattamente quella cosa lì: immaginano cose sul trio seduto al banco.. Eppure nonostante l'impegno e una certa esperienza, i due "speculatori" non riescono ad indovinare non solo il passato ma neanche il presente dei tre personaggi di cui la camera indaga i movimenti e i labiali. Perché il plot narrativo organizzato con minuzia, lentezza e arguzia dall'autrice del film, l'esordiente Celine Song, è troppo ricco di sfumature e dettagli per venire catturata così su due piedi, in un bar, da chi pratica quello sport.

Essendo il film ben lontano dall'essere un thriller, potrei tranquillamente dirvi e raccontarvi tutto senza macchiarmi di alcun peccato cinefilo. E invece no, proprio perché il film inizia così si fa fatica a ridurlo a semplice sinossi: lui l'ha sempre amata e non riesce a dimenticarla, lei ha un compagno ma è confusa.

Anche perché non solo le cose non stanno affatto così ma in più la regista, sudcoreana emigrata giovanissima in Canada, mostra tutta la naturalezza dei grandi autori orientali nel comporre quadri minimi ma estremamente significanti, inquadrando le cose giuste, al momento giusto, per il tempo necessario perché lo spettatore, irretito da tanta cura e ricerca, trovi lo spunto che fa fare un guizzo, uno scarto, al pensiero. Utilizzando tutte le frecce del linguaggio cinematografico, la giovane regista, riesce ad arrivare sempre al cuore delle cose, anche quando i personaggi fanno di tutto per nascondere il proprio sotto ad una coltre impenetrabile di silenzi e distanze.

Celine Song, nel tempo necessario per arrivarci (al cuore), riesce a far sentire sulla pelle dello spettatore tutti gli ostacoli, i dubbi, le insicurezze di chi percorre le strade della separazione, della lontananza, della memoria. Senza bisogno di spiegare alcunché ma appoggiandosi saldamente e senza paura alle costanti condivise dell'umanità: emozioni e sentimenti.

E così, alla fine, seguendo la marcia dei protagonisti in questa siderale lontananza, lenita dal trillo delle videochiamate di Skype, siamo gradualmente spinti ad indagare i veri motivi delle nostre, più minime forse, ma non meno significative distanze. Finendo poi, come loro, a far convergere lo sguardo su noi stessi e chiederci, seduti ad un bancone di un bar dopo tanti anni, non chi siamo diventati ma chi avremmo potuto essere.

Candidato a cinque Golden Globe (miglior film drammatico, miglior regia, interpretazione, sceneggiatura e film internazionale) Past Lives rischia di venire scambiato per un film d'amore che esce al cinema nel giorno di San Valentino e di venire trascurato da chi piuttosto che andare al cinema a San Valentino si fa tagliare un braccio. Per questo motivo mi muovo in anticipo e, se capita nei vostri radar, vi consiglio di non fermarvi alle apparenze e di dargli una chance. Intanto potete sempre esercitarvi nella magica arte dello speculatore da bar. Avete un mesetto di tempo.

p.s. dal momento in cui ho visto questo film sapevo da dove sarei partito per raccontarlo e sapevo che immagine avrei voluto usare per introdurlo. Il titolo invece no, quello non mi veniva proprio. Poi ho letto la recensione di pazuzu e puf, eccolo. Grazie pazuzu.

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