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La settimana scorsa mi sono incontrato per ben tre volte con la comicità. La prima volta è stato un vero evento: sono andato a vedere lo spettacolo di Louis CK al teatro Arcimboldi a Milano. È stato grazie a un amico che mi ha fatto un regalo: non mi sarei permesso il prezzo esorbitante di quel biglietto (grazie D.!).

Sapete chi è Louis CK? Un comico (attore, autore, regista, produttore) americano - per me geniale - la cui carriera ha conosciuto nel 2017 un brutto buco nero a causa di suoi comportamenti sessuali (nulla che sia stato però oggetto di incriminazioni, va detto) e che è stato bandito. Su questo non mi pronuncerò oltre: lo ho già fatto tempo addietro e se vi va potete leggerne lì.

Poiché i suoi spettacoli sono spariti da Netflix, poiché il suo film non è stato distribuito, dopo un periodo di silenzio (per altro breve, meno di un anno circa), Louis si è risolto a tornare a fare stand up, dal vivo, nei teatri. Comunque la sala degli Arcimboldi tiene circa 2300 persone, le due serate erano sold out e il prezzo del biglietto era da 60 euro in su. So che la data al Teatro Olimpico di Roma è stata altrettanto partecipata. Non solo: il comico americano è in tour in Europa e vedo che nei prossimi giorni ha ancora nove date tra Amburgo, Parigi, Stoccolma, Londra, Amsterdam. Tutto sommato - almeno nel vecchio continente - non gli va mica male.

Lo spettacolo che ho visto non è stato dei suoi migliori, poi - essendo molto lontano - mi mancava un po’ la sua mimica facciale, che ha una parte nella cosa e non perché lui sia uno che ha una comicità fisica, ma perché è comunque capace con la sua espressività di colorare le cose che dice, aggiungendo enfasi e in certi casi anche senso. In un piccolo club sarebbe stato bello, in una sala da 2500 persone meno. Meglio tutto sommato vederlo sullo schermo. Pazienza.

Tuttavia essere presente a quello spettacolo è stata un’esperienza interessante per alcuni aspetti. Il primo, meno rilevante ma comunque appariscente, era l’età media del pubblico: erano tutti giovani, in maggioranza maschi, Se dovessi a naso azzardare un valore medio direi trent’anni. È il pubblico della stand-up comedy: quello che ha imparato ad apprezzare il genere su YouTube e/o sulle piattaforme (o su Spotify: la registrazione dell’audio del suo spettacolo Sincerely Louis CK ha vinto di recente il Grammy come Best Comedy Album). Va detto inoltre che lo spettacolo era in inglese (senza alcun ausilio): anche questo probabilmente segnava uno spartiacque generazionale. Resta comunque un po’ di stupore sul potere d’acquisto di questi giovani: 60 euro per un biglietto per me sono sempre stati tanti. Evidentemente ci tenevano.

È proprio questo il secondo motivo di interesse. Il pubblico era entusiasta, adorante. Appena Louis è entrato molti sono saltati in piedi, soprattutto dalle prime file dove mi è sembrato di intuire che ci fosse un’area vip (ma ero troppo lontano per distinguere qualche celebrità). La sensazione è che per molti fosse davvero importante essere lì e che ci tenessero a testimoniarlo fisicamente, quasi volessero “abbracciare” Louis CK, comunicargli non solo gradimento per le sue battute, ma affetto e persino solidarietà.

Mi ha colpito e il giorno dopo mi sono letto un po’ di cose. La stampa americana (che non so quanto corrisponda qui al sentimento medio americano) non esprime certo la stessa solidarietà. Su un articolo del Guardian, che partiva dall’assunto che separare il comico/autore dal personaggio in scena è impossibile, ho letto questo severa affermazione sui fan di Louis CK che riassume un po’ il punto di vista di alcuni commentatori d'oltreoceano.

By laughing at Louis CK, they’re tacitly accepting his worldview: it’s easier to pretend that this man is not a sexual abuser, or that his actions weren’t unacceptable, than it is to confront the idea that you empathise with a sexual abuser.” (Ridendo alle sue battute, stanno tacitamente accettando il suo punto di vista. È più facile illudersi che questo uomo non sia un maniaco sessuale, o che le sue azioni non fossero poi così inaccettabili, che confrontarsi con l’idea che si sta solidarizzando con un maniaco sessuale.)

Mi sarebbe davvero piaciuto poter proporre un sondaggio all’uscita del teatro e sentire come gli spettatori avrebbero reagito di fronte a questo giudizio su di loro e su Louis. Mi sarebbe anche piaciuto confrontarmi con l’autore dell’articolo e chiedergli come sia possibile, in assenza non solo di una condanna, ma persino di un reato, esprimere posizioni così severe su comportamenti sessuali tra adulti consenzienti e informati. Stiamo parlando di moralità, non di legalità (per quanto alle volte la linea di divisione tra i due ambiti possa essere sottile). Questo sposta ogni termine della questione e forse spiega come in Europa i sentimenti siano diversi. Anche perché non credo proprio che nessuno dei giovani presenti avrebbe solidarizzato con dei maniaci sessuali. Quella dalle nostre parti è più una cosa che fanno gli alpini.

 

Il mio secondo incontro della settimana passata con la comicità non ha fatto che riproporre temi in qualche modo analoghi. È stato - magari lo avrete già immaginato - la visione di SuperNature, lo speciale di Ricky Gervais (altro comico irriverente e geniale: non so perché ma mi viene sempre da usare la parola “geniale” per i comici) prodotto da Netflix e pubblicato il 24 maggio scorso, che ha scatenato in tutto il mondo un dibattito notevole. Se ne è parlato anche sul sito: lo ha fatto un articolo di Nicola Cupperi che vi invito a leggere e che mi esime dal dover spiegare tutto per filo e per segno.

Fatto sta che anche in questo caso i temi sollevati sono quelli su ciò che si può dire o non si può dire e su cosa sia la moralità all’interno della comicità o, in ultima istanza, su cosa sia la comicità stessa.

Il format di questa newsletter - che accetta che si scriva cose anche un po’ lunghette ma non troppo lunghe - mi obbliga alla sintesi. E la mia sintesi è una provocazione: se la comicità e la satira sono il luogo dove si denuda l’ipocrisia e il potere, la nuova moralità si mostra ipocrita e non accetta di essere denudata. Fanno bene questi comici ad alzare ogni volta l’asticella, sfidando i nuovi luoghi comuni, mettendo in questione tutto: anche ciò che è una conquista.

 

Questo mi serve anche per parlare del terzo incontro che è stato quello con o spettacolo che il mio amico Gianluca De Angelis organizza ogni giovedì a Chiaravalle, incantato luogo fuori dal tempo della periferia sud di Milano. Io ci sono andato: si tiene in un circoletto Arci all’ombra della Ciribiciaccola (come i milanesi chiamano la torre campanaria della meravigliosa abbazia voluta lì da San Bernardo). A differenza degli spettacoli milionari di Louis Ck e di Gervais, c’erano più comici sul palco che spettatori in sala. Non direi in questo caso che vi fosse qualcosa di geniale, ma era sicuramente una cosa scombinatamente poetica nella sua semplicità. Non ho pagato nemmeno un euro per entrare, la birra era ok e mi sono sentito a casa, come ci si può sentire a casa in un posto dove si celebra un rituale antico: stare insieme e divertirsi. C’erano un paio di cose sulle quali un eventuale commentatore di un giornale americano avrebbe storto il naso, come il numero in cui Gianluca nelle vesti dell’ambasciatore del Congo in un improbabile grammelot africano tesse le lodi di prodotti italici come le cartellate di Cerignola: non si fanno più le imitazioni dei modi di parlare altrui, lo sapete, è sconveniente.

Chiudendo un occhio su questa latente immoralità, penso che ci tornerò spesso nei giovedì di quest’estate che si preannuncia lunga. Anche per non farli sentire soli. Nel caso siate di Milano o di passaggio, sapete dove trovarmi.

Viva i comici. E quello che dicono.

 

 

PS: nella foto Harold Lloyd mostra il dito medio in Speedy (1928).

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