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Fuorinorma Extra 5
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La via neosperimentale percorsa in alcuni dei cortometraggi proiettati in Fuorinorma Extra 5 (alla Casa del Cinema) è simile, per certi versi, a un ritorno al passato. Specialmente in Coma Berenices di Mariachiara Pernisa e Morgan Menegazzo e Temple of Truth di Giuseppe Boccassini + Alex Inglizian il flusso delle immagini è libero di formarsi nel suo puro scorrere visivo, canalizzato dal montaggio. Sembra di essere agli albori del cinema, ancora prima della sua codificazione narrativa. In Temple of Truth le immagini diventano insiemi percettivi non verbali raggruppati per similitudini di forme e materia, il loro fluire astratto cancella, momento dopo momento, ogni possibile interpretazione razionale, per aprire la visione a sguardi liberati dal pensiero. Questi due corti potrebbero essere stati realizzati da appartenenti a una delle avanguardie storiche del secolo scorso in vena di esplorare tutte le possibilità del loro  mezzo espressivo. Il vero elemento di innovazione e differenza in questo tipo di sperimentalismo è nell’utilizzo del sonoro. La ricchezza del texture auditivo digitale trasforma i suoni in un soundscape più tangibile delle immagini stesse. Il sonoro crea direzioni cognitive, a volte, del tutto indipendenti da ciò che vediamo. Questo accurato lavoro viene svolto anche nei corti successivi Watna, Eraserhead. Rimozione sicura e Supermarket. Nel primo, diretto da Lorenzo Casali e Micol Roubini la realtà della vita su una nave cargo in transito su lividi paesaggi centroeuropei viene sezionata in inquadrature asimmetriche, i cui dettagli quasi mai permettono di riconoscerne il totale. Si fluttua così in una dimensione percettiva precaria e straniante, con un alternarsi di piani fissi e scivolamenti marini, noises impercettibili o assordanti, per ricreare la labilità di chi vive a bordo, in costante movimento. Eraserhead. Rimozione sicura di Edoardo Genzolini è l’unico dei corti proposti ad affrontare il problema dei nuovi formati di visione, con immagini intrappolate nello schermo di uno smartphone, di cui purtroppo vengono utilizzate non solo le dimensioni ma anche tutte le nocive contaminazioni estetiche. L’uso fatto di questo mezzo di comunicazione in chiave filmica appare come una summa disturbante della gigantesca quantità di parole e azioni inutili che i followers di Instagram hanno generato per riempire la vacuità di contenuti e idee del loro social network. Concludiamo con Supermarket di Gianluca Abbate, dove finiamo per ondeggiare anche noi in una marea psichedelica di immagini colorate e disomogenee, dalle proporzioni alterate, in una sorta di trance consumistica indotta da merci e prodotti, dal loro pirotecnico balletto commerciale eseguito in una meditazione guidata diretta verso la trascendenza del mercato e l’oblio di noi stessi.

 

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