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Far East Festival 20 - giorno 1
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Giorno 1

Ho rifatto la valigia tre volte. Agendo in sottrazione, di volta in volta. Il primo equipaggiamento mi avrebbe fatto assomigliare a Totò in Totò, Peppino e la malafemmina, quando si presenta col compare a Milano, al nord, in giugno con pelliccione e colbacco. Perché a Milano c’è freddo. Anche a Udine. Per me a Udine c’è freddo, sempre. Udine, accidenti. Si vedono le montagne innevate e alcuni cartelli stradali sono in austriaco.
Udine doveva essere fredda e pacata come tutte le cittadine del nord. Invece ci sono ventisette gradi anche di notte e le auto accatastate l’una sull’altra in un trionfale reticolato di strisce blu.
Ho la camera in piazza Garibaldi e ho parcheggiato l’auto con due ruote sulla striscia blu di un altro e due fuori, esposte alla mercé del traffico proprio sotto la statua di Garibaldi. Me la guarda lui, l’eroe dei due mondi.

Questa sera solo un film. Quello delle 22,40 che è iniziato alle 23,20.


Crossroads: one two jaga di Nam Ron.

Un noir malese che fa un po’ tenerezza per come anela al registro drammatico impastando una storia di immigrazione clandestina con poliziotti corrotti e faccendieri corruttori. A far deflagrare l’equilibrio malavitoso dei protagonisti, il classico poliziotto integerrimo che vuole cambiare il mondo.
E’ un cinema che vorrebbe mostrare lo sporco della società malese adottando il linguaggio del noir metropolitano, soprattutto quello occidentale, per dotarsi di una dignità internazionale. Il cinema di genere si presta ad elevarsi a metafora sociale delle tensioni che attraversano la società ma qui il regista mira troppo in alto.
Un film verboso nella prima parte, dove la presentazione dei personaggi è affidata a lunghi dialoghi in primo piano in campo e controcampo. Quando la storia si svela, la meccanica posticcia di alcune situazioni rende tutto un po’ fasullo, complice anche la non eccelsa presenza scenica di un paio di attori principali.
Ma tutto questo si può perdonare ad un film a suo modo coraggioso. Fare del cinema di genere in Malesia non è facile e passi il fatto di non avere manico e facce giuste per affrontare le dure regole del thriller.
Ciò che è invece non può essere perdonato è una certa sciatteria nella messa in scena, povera e poco evocativa. Il regista si limita a filmare i fatti necessari all’avanzamento della storia ma senza farsi mai documento del reale, poco aiutato da una fotografia impersonale.
Crossroads è sicuramente interessante ma non memorabile. Senza essere un disastro è carente un po’ in ogni sua componente, credo per inesperienza.
Crossroads ha un punto di forza nella protagonista, Asmara Abigail, bellezza indonesiana (che parla molto bene italiano) l’unica che riesce a dare un tono al suo personaggio senza stereotiparlo. 
Il film è così così, lei no.

 

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