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Claudia Zanella: Tu e nessun'altra - Intervista esclusiva
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Claudia Zanella

 

Bella, bionda e brava. Basterebbero questi tre aggettivi per descrivere in breve Claudia Zanella, modella e attrice che vanta un lungo curriculum alle spalle a cui adesso si aggiunge la professione di scrittrice. Ha infatti esordito nelle scorse settimane con il primo romanzo Tu e nessun'altra, edito da Rizzoli.

Con una scrittura fluida e cinematografica, la Zanella racconta nella sua opera prima la storia di Irene e Viola, due cugine da sempre unite e costrette a fare i conti con la propria esistenza nell'arco di pochi giorni. A chiedere a entrambe - in maniera diversa - di fermarsi è la presenza della piccola Mia, una bambina di due anni che inevitabilmente influisce sui loro destini. Proprietaria di una libreria, Irene si ritrova inerme di fronte alla morte spettacolare di Viola e alla richiesta, legittima ma anche anomala, di prendersi cura della figlia della cugina. Partendo dal presupposto che l'adozione è un diritto del minore, la Zanella snoda il racconto muovendosi tra passato e presente, fissando la propria attenzione su Irene, colei che come in un giallo dell'anima tenta di far luce sul decesso di Viola e di scoprire chi sia il padre di Mia. Prendersi cura di una bambina comporterebbe un cambio radicale in Irene, un passo a cui non è pronta: dalla vita sentimentale non semplice, Irene torna da Firenze a Roma per scoprire i segreti ben custoditi della cugina attrice, la cui carriera dopo un inizio sfavillante era in rapido declino, sull'orlo del dimenticatoio.

Come procede la storia, tocca ovviamente al lettore scoprirlo. Quello che colpisce dell'opera prima è la capacità di toccare corde ed emozioni fin troppo dimenticate, argomenti attuali e questioni spinose: l'adozione, la maternità, la depressione post partum, lo star system e la famiglia. E il tutto senza dimenticare l'arte della scrittura, della costruzione della frase e della sintassi ricercata: basterebbe la lettura del solo capitolo della sosta di Irene all'autogrill per comprendere come della Zanella scrittrice sentiremo parlare sempre più spesso in futuro.

L'uscita del romanzo, poi, ci ha permesso di conoscere meglio Claudia, di fare il punto sulla sua carriera e sulla sua vita, ottenendo il ritratto di una donna moderna e combattiva, capace di guardare avanti e di non vivere sulle orme di ciò che è stato o che è.

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Tu e nessun’altra è il tuo primo romanzo. A parte i complimenti per la scrittura fluida e direi cinematografica, ti destreggi bene tra il presente del racconto e i flashback che riguardano le due protagoniste, Irene e la cugina Viola, portando il lettore a vivere gli istanti che esse stesse vivono. Da dove nasce l’ispirazione? Mi ha particolarmente colpito la dedica all’inizio “A mia madre, a mia nonna e a mia cugina”.

Vivo in una famiglia molto al femminile, unita e matriarcale, dove le donne sono all’apice di tutto. Sono cresciuta insieme a mia cugina Alessia: fin da piccole siamo cresciute insieme, facendo tutto insieme. Dico sempre che siamo cresciute come sorelle con la fortuna di avere genitori diversi e, quindi, senza la gelosia delle vere sorelle. Lo spunto del romanzo lo devo proprio a mia cugina che, molto tempo fa e avendo una figlia ancora piccola, mi chiese: «È vero che, se mi accadesse qualcosa di grave nella vita, cresceresti tu la bambina?». Lì per lì ho risposto di sì ma poi ci ho riflettuto, domandandomi cosa significasse crescere una bambina che ti piove dal cielo da un momento all’altro, una bambina non estranea ma figlia di qualcuno a te molto vicino, una bambina che per quanto sia legata a te da rapporti di affetto e parentela conosci molto poco a causa della distanza in cui si vive. Per quanto, ad esempio, io adori mia cugina, lei vive a Firenze ed io a Roma. Nonostante mi rechi spesso a trovarle, vedo la piccola due volte al mese e chiaramente non la conosco perfettamente.

In Tu e nessun’altra sostieni che l’adozione è un diritto del minore, frase molto forte che ribalta il concetto secondo cui l’adozione è un diritto del genitore o dell’adulto. Dal tuo punto di vista, invece, è come se si invertissero le parti: l’adozione diventa un diritto del minore e un dovere dell’adulto.

Lo penso da sempre. A me sembra una follia che non si possa adottare da single. Abbiamo dei bambini che hanno bisogno di una famiglia, è un loro diritto essere accuditi ed educati. Altrimenti saranno dei bambini persi. Esistono single meravigliosi che potrebbero essere ottime madri e ottimi padri e non capisco perché, in Italia, ciò non sia possibile. In tantissimi posti del mondo si può adottare anche da single.

Questo è un concetto che rimarchi anche quando parli nel romanzo dei due amici di Viola, il truccatore gay e il compagno medico, costretti a lasciare Roma per Londra per realizzare il loro sogno.

Ho iniziato a fare la modella a 12 anni. Ovviamente, sono venuta subita in contatto con la sfera degli omosessuali: parrucchieri, truccatori,… Sono cresciuta con loro e ho trovato persone talmente meravigliose che non ho mai capito perché non possano adottare. Anche se amano persone del loro stesso sesso, non capisco dove stia l’ostacolo. Che qualcuno me lo spiegasse per bene.

Mi dicevi prima che la sua è stata una famiglia di stampo matriarcale ma in Te e nessun’altra è presente una figura maschile molto forte, quasi idealizzata. Tra l’altro, è uno dei pochi uomini nella storia che ne escono bene: nonno Strike. C’è stato uno Strike nella tua vita?

Ho avuto un nonno che era identico a Strike. Definisco la mia famiglia matriarcale perché mia madre e mia nonna paterna sono state fondamentali nella mia vita ma c’era questo mio nonno, superspeciale, che era quasi un “mammo”: nonostante ci fosse sua moglie, ha tirato su i figli e noi nipoti avevamo un attaccamento quasi morboso nei suoi confronti. Lo amavamo in maniera incredibile ed è stato molto importante per me. Quando ho cominciato a pensare al romanzo [inizialmente, ripescando tra i cassetti dei miei fogli scritti negli anni, volevo scrivere una sceneggiatura ma mi son resa conto che non ne ero capace: descrivevo situazioni troppo “lunghe”], ho pensato a lui come figura di riferimento. Del resto, tutti i libri di scrittura ricordano come in ogni romanzo ci sia sempre un riferimento, un anziano o un capotribù: io l’avevo già in famiglia e da lì l’ho preso in prestito.

Quanto c’è di te in Irene e quanto in Viola?

C’è tantissimo in entrambi i personaggi ma anche in Silvia. Ho diviso le varie parti della mia personalità tra le due cugine e l’amica Silvia. Silvia è l’ipertimida animalista, che rappresenta la mia parte animalista e vegana, sempre pronta ad aiutare gli animali e a sostenere il mio gruppo di amici che si adopera per loro. Viola è chiaramente molto me, è solo più famosa di me: ho iniziato presto con la professione di modella e attrice e di questo vivo da sempre. Viola è l’attrice con tutte le sue gioie e depressioni, come tutte le persone dello spettacolo hanno: vi assicuro che è veramente stranissimo fare un film da protagonista, con un autista che ti prende a casa con la macchina della produzione, con fiori sempre in camerino, con stilisti che ti mandano regali e con tutti che ti trattano come una regina, per poi non far niente e ritrovarsi a vivere la normalità fino al film successivo. Nuovo lavoro che può arrivare l’anno dopo mentre tu nel frattempo torni a prendere l’autobus o a comprarti i vestiti. Occorrerebbe l’intelligenza di capire che il mestiere di attrice è un lavoro bellissimo che però è solo momentaneo, senza dimenticare la vita reale. Per ancorarmi alla vita reale, io ho frequentato due diverse facoltà universitarie e un corso di pittura e facevo delle cose concrete proprio per non dimenticare cosa è reale. Se pensi che sia reale fare l’attrice corri il rischio di entrare in una depressione cosmica quando quel mondo dorato non è presente. Quella di Viola è una forte depressione, affiancata da quella post partum.

Irene, poi, sono io, Claudia, la ragazza di Firenze che adora i libri, che da sempre ha avuto il sogno di scriverne uno ma senza mai trovare il coraggio di farlo, che non sa mai se scegliere bianco o nero optando per il grigio.

Proprio nel personaggio di Viola e nelle dinamiche la interessano, ho notato una certa critica nei confronti dello star system, soprattutto italiano, pronto da un giorno all’altro a passare da una “diva” all’altra.

Ho frequentato il Centro Sperimentale, scuola prestigiosissima che rifarei, e ho un bel po’ di amici e compagni che si sono illusi di poter diventare delle star senza poi riuscirci. Superare le selezioni per l’ingresso e cominciare a fare dei film ti fa sentire una star. Pensi di essere diventato di moda, prima che la moda sia scavalcata da un’altra, prima che arrivi qualcun altro a prendere il tuo posto. Va così in continuazione: se notate, tutti gli attori giovani durano in media due o tre anni. Li vedi in tutti i film, su tutte le copertine e in ogni pubblicità, fin quasi alla nausea per poi scomparire improvvisamente prima di ritornare come meteore dopo un paio di anni e andare via definitivamente. È delirante.

In Tu e nessun’altra Irene e Viola sono quasi le due facce della stessa medaglia, che per ironia del destino si ritrovano ad avere l’una ciò che vorrebbe l’altra. Irene, poi, colpisce per un ulteriore dettaglio: lei non dice mai di voler diventare mamma ma asserisce in continuazione di voler avere un figlio da Luca, il suo compagno da dieci anni.

Irene vuole un figlio da Luca. Si tratta di uno di quei rapporti in cui una donna, credendo di aver incontrato l’uomo della propria vita, pensa che avere un figlio sia un’ancora per aggrapparsi ulteriormente a lui. Anche quando la relazione dovesse finire, ci sarebbe sempre un figlio che la lega inesorabilmente a lui.

L’idea poi che Viola e Irene vogliano in qualche modo vivere l’una la vita dell’altra nasce da qualcosa che mi ha sempre affascinata. L’idea di prendere la vita di qualcun altro, se ci si pensa, è terrificante ma anche molto intrigante. La fascinazione per tale situazione è nata in me quando ero piccola e frequentavo le scuole elementari: a un bambino, non mio compagno di classe, era morta la mamma nella vasca da bagno e la sorella gemella della donna aveva preso il suo posto, sposando il cognato e facendosi chiamare a sua volta mamma dal piccolo. È un po’ quello che fa anche Irene: prende possesso della vita di Viola, come se la morte dell’una servisse a costruire la vita dell’altra, spingendola a prendere decisioni che prima non avrebbe preso e a smettere di vivere nel “sempre uguale a sempre”.

Dicevamo che Viola è un’attrice. Sorprendente è il modo in cui muore. Da dove nasce l’idea di farla morire come l’Ofelia dell’Amleto di Shakespeare?

Quando ho cominciato a studiare recitazione da piccola, ho preso Shakespeare in mano e, leggendo le sue opere, ho capito che volevo far qualcosa che rimandasse a lui. Oltre a Shakespeare, ero ammaliata da Cechov (cosa che tra l’altro sanno in pochi, il personaggio di Nina in Il gabbiano riprende l’Ofelia dell’Amleto): hanno scritto alcuni dei personaggi più belli della storia della drammaturgia. Dunque, sono sempre stata ammaliata da Ofelia, che come scrivo nei ringraziamenti del romanzo forse mai riuscirò a interpretare. E poi l’immagine di morire nell’acqua tra i fiori è incredibile, con riferimenti ancestrali che riportano all’utero materno. Non è un caso che la bambina di Viola si chiami Mia, che in arabo significa appunto “acqua”.

Ci sono anche altri riferimenti espliciti all’arte della recitazione, soprattutto cinematografici. Uno è a Bellissima di Visconti e l’altro a Butch Cassidy di George Roy Hill.

Butch Cassidy è un film che amo profondamente, l’immagine dei due in bicicletta che cantano è per me l’immagine dell’amore. Bellissima di Visconti, invece, è un po’ il mondo del cinema. Spesso i genitori o dei parenti ti spingono perché vogliono che diventi famosa: puoi diventarlo o puoi finire derisa come la bambina narrata da Visconti. Il mondo del cinema è crudelissimo, meraviglioso ma crudelissimo.

La definizione di crudelissimo mi spinge a chiederti se ti senti oggi un’attrice realizzata o se ti è mancato qualcosa.

Mi sento un’attrice realizzata perché ho avuto la possibilità di recitare con maestri del cinema come Salvatores e Bellocchio e di avere avuto ruoli molto importanti in televisione, come la fiction con Virna Lisi o Briciole di Ilaria Cirino Pomicino. Sono però anche certa che, se fossi stata all’estero, avrei avuto ancora più possibilità: in Italia siamo in tante le attrici e i progetti sono sempre pochissimi. Io definisco “attrici” sono quelle che hanno studiato seriamente o lavorano da tanto tempo. Attrici non sono quelle escono da una trasmissione tv e si definiscono tali.

Hai appena citato Briciole, un film per la tv molto difficile per una giovane attrice.

Quando mi hanno scelta per Briciole ero all’ultimo mese del Centro Sperimentale. Le riprese sarebbero cominciate due mesi dopo e avrei dovuto perdere cinque chili, che in un corpo magro sono tanti. Piena di energia per il mio primo grande lavoro, sono andata a parlare con psicologi che seguivano ragazze anoressiche, ho incontrato le ragazze, ho studiato molti libri sull’argomento, tenevo persino un diario in cui fingevo di essere Sandra, la protagonista. Ricordo anche che tutti pensavano fosse da folli far girare un film per Raiuno a una attrice ancora sconosciuta, eppure l’ascolto raggiunse quasi i 7 milioni.

A proposito di scelte alimentari “estreme”, hai approcciato una filosofia di vita molto particolare: sei vegana, un termine che per molti è quasi sinonimo di “alieno”.

Io non amo definirmi vegana perché la gente pensa che si sia degli estremisti pazzi e perché ogni tanto le uova le mangio, quando so provenire da galline libere e felici, magari allevate da amici che non le ucciderebbero mai e poi mai. Siamo definiti estremi perché ovviamente la gente non conosce ed è convinta che sia un mondo di privazione. Invece, io ho scoperto un mondo di ortaggi e di ricette di cui ignoravo l’esistenza. Ovvio, serve molta più consapevolezza alimentare.

Tra l’altro, l’elemento vegano è presente in Tu e nessun’altra.

Sì, il medico amico di Viola è un naturopata. Mi piaceva che uno dei pochissimi personaggi maschili positivi del romanzo fosse un naturopata.

Nel tuo romanzo fai notare come ogni giorno arrivino sugli scaffali delle librerie ben 176 volumi nuovi. Perché chi si reca in libreria oggi dovrebbe acquistare e leggere Tu e nessun’altra?

Perché si tratta di una storia originale, che potrebbe accadere a tutti noi. Tutti noi abbiamo un parente stretto che adoriamo e che potrebbe avere figli piccoli. Dato che si sono perse le figure della madrina o del padrino che esistevano tempo fa, potremmo essere noi a fungere da tali con un amico in difficoltà. E, poi, non si è mai scritto di un’adozione non voluta all’interno di una storia di amore e tradimento.

Mia, la figlia di Viola, è poco in scena e molto presente nella vita di Irene. Dato che Irene rappresenta una parte di te, dov’è Mia nella vita di Claudia?

Mia nella vita di Claudia c’è nel cuore e nella testa e c’è anche concretamente. Ha un altro nome, esiste ed è una bambina meravigliosa con cui cerco di passare più tempo possibile quando sono a Firenze.

E una Mia tua, se mi permetti il gioco di parole?

Una Mia mia spero che arrivi molto presto. È uno dei sogni che ho: spero di diventare presto mamma. Al momento, sono mamma di Lana, uno splendido labrador che mi dà da fare quanto un bambino piccolo che non cresce mai.

Non hai paura che ti accada quello che è successo a Viola?

No. Viola non aveva agganci oltre al suo lavoro. Fortunatamente ho molte cose da fare e sono molto concreta. Ho il mio corso di pittura, sono laureata in Lettere e Filosofia, sto frequentando l’ultimo anno della scuola di naturopatia scientifica: mi mancano 5 esami e divento naturopata.

Quindi, per te, il mestiere di attrice non è un’ossessione.

Mi piace moltissimo nella stessa misura in cui mi piace scrivere o mi piace la naturopatia. È una passione fortissima ma non un’ossessione, non ho una vita basata solo su quello. Non esiste solo fare l’attrice: ci sono i bambini e gli animali da aiutare, un mondo da scoprire e una vita concreta da vivere.

Non ti dà fastidio essere definita "la moglie di Fausto Brizzi"?

No, assolutamente. Mi sono scelta un uomo che è più famoso di me. Ho avuto anche fidanzati meno noti in passato, sono cose che capitano. Anzi, mi fa piacere. Sono una donna che gioisce dei successi del marito e che ne è una grande fan. Mi piace accompagnarlo a un premio e sapere che una sua cosa ha avuto successo: per me, è come se avessi contribuito anch’io al risultato. Non esiste alcuna rivalità in famiglia: è importante quanto l’amore fare squadra. Se c’è una squadra, non vince uno solo, si vince in due. Anche lui è “il marito di”… una donna che si è laureata in lettere e filosofia, cura il Centro Sperimentale, sta diventando naturopata… Beh, mica pizzi e fichi [il tutto detto con il sorriso, NdR].

Quanto pretendi da te stessa?

Tanto, troppo. Quando nasci bionda, carina e con gli occhi azzurri, e fai la modella, tutti ti guardano come se fossi stupida, come se non potessi laurearti o fare il passaggio da modella ad attrice. Sin da piccola, ho voluto dimostrare quanto fossi caparbia: mi sono laureata con 110 e lode, mi sono affermata come attrice e mi sono fatta dirigere da un premio Oscar. Sono una che, quando non lavora, rimane in casa a studiare. Di tutto, dalla naturopatia alla medicina: ho cercato rivalsa dai luoghi comuni nello studio. Studio tutto il tempo.

Il prossimo obiettivo?

Non ho ancora firmato ma sarò in uno spettacolo molto importante a teatro che, dopo le prove durante l’estate, debutterà a dicembre.  E il prossimo romanzo per Rizzoli, che dovrò consegnare. Sono nella fase “E adesso che scrivo? Ho già scritto tutto nel primo romanzo”.

Il classico blocco da opera seconda. Per chiudere, so che hai come agente letteraria Vicki Satlow, l’agente di Susanna Tamaro.

Sì, e a lei è legato un curioso aneddoto. Avevo come sogno di avere lei. Sin da piccola, sono innamorata dei romanzi della Tamara e, non so per quale motivo, desideravo la sua stessa agente. Quando sono riuscita a rintracciare la sua mail, le ho subito scritto ricevendo come risposta una lettera automatica che mi diceva che l’indirizzo di Vicki non era più quello. Dopo qualche ora, ricevo un suo messaggio sul telefono: per pura casualità, aveva riaperto la casella per recuperare dei contatti e aveva trovato il mio romanzo. Innamoratasi sin dalle prime righe della storia, mi dava appuntamento per il giorno dopo a Roma. Quando si dice il destino…

Non pensi a una trasposizione cinematografica di Tu e nessun’altra? La struttura del romanzo e il “thriller” intrinseco lo consentirebbero… In tal caso, chi saresti? Irene o Viola?

Nessuna delle due. È talmente personale che non vorrei interpretarlo. Mentre scrivevo il romanzo avevo però due foto appiccicate al mio computer: una era di Kasia Smutniak e una di Alba Rohrwacher. Io vedevo Kasia come Viola e Alba come Irene. Il mio sogno è che lo interpretino loro.

Tu e nessun'altra

 

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