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La vita agra

Regia di Carlo Lizzani vedi scheda film

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La recensione su La vita agra

di jonas
8 stelle

Luciano Bianchi arriva a Milano con l’intenzione di far saltare in aria un grattacielo, sede di una società mineraria, per vendicare i 43 compagni morti in un incidente sul lavoro; ma piano piano si lascia fagocitare dal sottobosco dell’industria culturale, prima come redattore di rivista, poi come traduttore, infine come pubblicitario. Dal romanzo di Luciano Bianciardi (con un’unica significativa differenza: lo spostamento del luogo di provenienza del protagonista da Grosseto a Guastalla), è l’istantanea di un’Italia che già comincia a smaltire l’ubriacatura del boom: c’è un benessere diffuso, che però favorisce l’appiattimento e genera un’infelicità di fondo. Significativo il modo in cui viene raccontata la relazione adulterina con la giovane comunista (Giovanna Ralli), che sembra nascere già routinaria: i due battibeccano in continuazione su argomenti pratici (la casa, il lavoro, i soldi) come borghesucci qualunque, ma senza che ci sia nessun vero conflitto. Tognazzi parla guardando in macchina, amaramente consapevole della propria mediocrità; e l’ex compagno rimasto invalido (Giampiero Albertini) rappresenta la voce di una coscienza sempre più fioca e più facile da tacitare. Magari è un film un po’ sbalestrato, incerto se spingere o no sul pedale del grottesco, ma rende perfettamente l’idea di una confusione generazionale. Enzo Jannacci compare in due scene, cantando e suonando la chitarra in una trattoria.

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