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La grande estasi dell'intagliatore Steiner

Regia di Werner Herzog vedi scheda film

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Badu D Shinya Lynch

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La recensione su La grande estasi dell'intagliatore Steiner

di Badu D Shinya Lynch
10 stelle

 

 

Che cosa può il Cinema?

In questo caso, grazie alla potenzialità del mezzo cinematografico, Herzog ha raffigurato Steiner per il che è realmente, ovvero per ciò che era all'epoca; ha fatto sì che, come fosse un super-uomo, diventasse quello che è: una figura mitologica, che va oltre ogni nozione anatomica e legge fisica, mezzo umano e mezzo volatile; mezzo uomo e mezzo corvo, con un pezzo di carta quadrato che riporta un numero, riguardante la gara, appiccicato sulla schiena, che si trasforma in un paio di piccole, minuscole, ali che, tramite il passaggio del vento, sbattono ripetutamente favorendo, probabilmente, il volo; con un viso alieno, come fosse un urlo di munch schermato, provvisto di grandi occhi abissali per garantire una maggiore visibilità e, al contempo, spaventare i nemici e, soprattutto, proteggere dalle varie interperie e, di conseguenza, dai probabili attacchi; delle oblunghe zampe bianche che dovrebbero assicurare una maggiore aerodinamicità, nonché funzionalità, per ciò che concerne la spinta propulsiva verso l'alto, per poi, magari, favorire anche il conseguente atterraggio; un corpo senza lineamenti, fluido, che si adatta ad ogni tipo di ambiente e sfondo, nero come l'oscurità, per favorire un maggiore assorbimento dei raggi solari, nonché del calore, e garantire una maggiore mimetizzazione durante la notte.

In conclusione, è come se Herzog non riprendesse direttamente i suoi soggetti, ma li filtra sempre, restituendone, forse, le connotazioni che assumono nell'immaginario collettivo. Ecco, quindi, che cosa può il Cinema!

 

locandina

La grande estasi dell'intagliatore Steiner (1973): locandina

 

Steiner, ad un certo punto, come fosse Dafoe nel finale di Antichrist, "libera la folla", il pubblico; come fosse lui, nel senso più rivoluzionario ed evolutivo del termine, l'antichrist. Ora l'uomo, libero dai propri limiti umani, si arrampica sugli alberi, pronto, anch'esso, ad emulare il "volatile" Steiner, sciogliendo, difatti, i confini tra terra e cielo, pronti, tutti insieme, a volare verso l'alto; a puntare verso l'alto o, meglio, l'altrove. Verso quel cuore di vetro. Steiner, ora, atterra - e a confermarlo ci penserebbe il finale - direttamente nel cielo, poiché, come scritto poc'anzi, non esistono più confini, quindi, finalmente, gli scii iniziano a brillare, a scintillare e a risplendere, come se Steiner fosse atterrato in un cielo stellato, come fosse in un film senza gravità di Maya Deren, pronto a sospirare la libertà, come quel corvo che viene abbattuto perché non riusciva più a volare.

Come un Icaro che (non) ce l'ha fatta.

 

-

 

«Io dovrei essere solo al mondo. Io Steiner e nessun'altra forma di vita. Niente sole, niente cultura, io nudo sopra un'alta roccia, senza tempeste, senza neve, senza banche, senza soldi, senza tempo e senza respiro. Allora di sicuro non avrei più paura››

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