Espandi menu
cerca
Bellissima

Regia di Luchino Visconti vedi scheda film

Recensioni

L'autore

Antisistema

Antisistema

Iscritto dal 22 dicembre 2017 Vai al suo profilo
  • Seguaci 56
  • Post -
  • Recensioni 632
  • Playlist 3
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Bellissima

di Antisistema
10 stelle

Deluso dai fallimenti commerciale di “Ossessione” (1943) e “La Terra Trema” (1948), Luchino Visconti, seppur interessato alle potenzialità del mezzo cinematografico, decise di abbandonarlo per un lungo periodo di tempo, in quanto disilluso dall’apparato produttivo-distributivo ruotante attorno al cinema, in quanto a suo dire responsabili del fallimento commerciale delle sue prime opere.
Durante questo arco temporale, il cineasta si dedica al teatro, tentando invano di portare in scena una sperimentale riduzione dell’“Orlando Furioso”, mitigando il proprio dispiacere, con le regie di opere straniere, come il “Tram che si Chiamava Desiderio” e “Morte di un Commesso Viaggiatore”.
Visconti preso dal teatro, non lascia mai da parte il cinema, manda copioni a vari produttori, cercando di comprendere le logiche e le dinamiche finanziarie sottese alla messa in produzione di un film, subendo però vari rifiuti da parte di un mondo ostile, che di lui non vuole più saperne.
Una pellicola su commissione, sarebbe l’unico modo per tornare a girare qualcosa e riguadagnare la fiducia dell’ambiente cinematografico; “Bellissima” (1951), sembra il progetto ideale, in quanto incentrato sulle dinamiche del dietro le quinte della pre-produzione di una pellicola – nella specie un casting di bambine da parte del regista Alessandro Blasetti, nel ruolo di sé stesso -, nonché la collaborazione con la tanto ammirata Anna Magnani, con la quale Visconti era in amicizia sin dai tempi dell’occupazione nazi-fascista di Roma. Queste note positive, surclassano ogni antipatia del regista, nei confronti di Zavattini, autore del soggetto dell’opera, con cui ebbe numerose polemiche in passato in merito al neorealismo e al troppo sentimentalismo presente nei film di Vittorio De Sica, a cui aveva preso parte come sceneggiatore.
“Bellissima”, letta a-posteriori, si pone come opera di transizione, segnando il passaggio dal neo-realismo al futuro realismo delle opere melodrammatiche della maturità assoluta di Visconti, dal successivo Senso” (1954) in poi.
Il soggetto di storia quotidiana (tipico di Zavattini), le improvvisazioni attoriali ed i protagonisti di estrazione popolare, ne fanno un film, ancora ancorato alle radici neo-realiste, ma ne prende le distanze per il complesso scandaglio psicologico del personaggio di Maddalena Cecconi, nonché per la forte componente centrale data a colei che la interpreta, Anna Magnani.
L’attrice di fatto si pone in modo preponderante come alfa ed omega della pellicola, incentrando ogni singola inquadratura, sulla propria aura divistica, spogliata, però di ogni gigionismo e vezzo attoriale, per darne un ritratto poliedrico e completo nel suo percorso.
Visconti parte da Zavattini, ma giunge a conclusioni opposte a quelle del teorico del movimento neorealista, de-privando di ogni lirismo e sentimentalismo le immagini, a favore di un realismo, che ammette come mitigazione del cinismo della vita effettiva, solo l’etica morale a cui può giungere un personaggio, dopo un percorso di presa di coscienza della realtà.

 

Anna Magnani

Bellissima (1951): Anna Magnani


Il regista si prende gioco dei canoni del neorealismo, inscenando i provini delle bambine nelle varie fasi della selezione dei casting, innanzi ad un indifferente Blasetti, molto coraggioso a prendere parte ad un ruolo, che evidentemente ha impersonato spesso nella realtà - come avrà fatto lo stesso Visconti e qualsiasi altro regista nel corso della propria attività -, come a voler dire che la recitazione non è cosa da tutti e né ci si improvvisa attori, al massimo se va bene, si sarà un’effimera meteora per qualche film per poi finire a fare qualche lavoretto nel cinema se si è fortunati – vedere il caso della montatrice dei provini -.
Per Maddalena, sua figlia, la piccola Maria (Tina Apicella), è “bellissima”. Forte di tale illusione quindi, pensa che dovrà essere scelta dal regista Blasetti, nel suo prossimo film. La donna ha puntato tutto sulla bambina, sparando che possa sfondare nel mondo del cinema, in quanto illusa dalle immagini “esotiche” del cinematografo, specie quelle dei western americani, mentre il marito Gastone (Spartaco Renzelli, attore non professionista e vero operaio come il suo personaggio nella vita reale), invita la propria consorte a restare con i piedi per terra, fallendo però miseramente.
Maddalena ha proiettato la propria immagine sugli specchi della camera, riflettendo il proprio ego artistico represso nella piccola Maria, inserita di forza, in un meccanismo che non comprende e né capisce, data la tenera età.
I pianti della bambina sono sfoghi solitari, mai uditi da una mamma, che arriva a sottoporla a lezioni di recitazione e di danza estremamente sfiancanti, in quanto spinta da un malsano spirito di invidia-competitiva con le altre madri, tutte atte ad esaltare le proprie bambine, per celebrare in realtà loro stesse, divenendo metafora di un’Italia post-bellica, pervasa da celebrità e ricerca della scalata al successo facile e veloce.
Cinica e disposta a tutto pur di averla vinta, Maddalena non disdegna di ricorrere alla raccomandazione di un collaboratore di Blasetti, il cinico Alberto Annovazzi (Walter Chiari), che riflette appieno l’ambiente ben poco meritocratico, presente dietro le selezioni dei casting, fatto di bustarelle, favori sessuali ed arrivismo spicciolo, dando prova con la sua figura, della forte vena melodrammatica, presente nella poetica di Visconti, in merito alla scena con lui e la donna, vicino al letto del fiume.
Il mezzo cinema era lo strumento prediletto dal neorealismo, per scandagliare la realtà popolana e quotidiana dell’Italia, divenendo all’interno del film l’oggetto che metterà Maddalena innanzi alla mediocrità delle proprie malriposte aspirazioni illusorie. Il primo piano più stratificato della storia del cinema, si racchiude nel volto di Anna Magnani, mentre assiste di nascosto alla proiezione del provino della figlia, racchiude nei suoi occhi tutta la speranza delle proprie ambizioni, che verranno di immagine in immagine, sgretolate dalla grettezza di un mondo privo di etica, tramutandosi dapprima disperata tristezza – molto più dell’osannato primo piano della Andersonn in “Monica e il Desiderio” di Ingmar Bergman (1953) – ed infine, in un disgusto ricolmo di rabbia, dopo aver subito il forte “transfert emotivo” della piccola Maria.
Il cinema si pone in essere come atto di dolore, concetto ripreso recentemente con virtuosismo egocentrico da Steven Spielberg in “Fabelsman” (2022), mentre Visconti in “Bellissima”, fu di una sobrietà tecnica minimale quanto al tempo stesso profondamente incisivo e lacerante, nel trasmettere il forte conflitto interiore di Anna Magnani, tramite la presa di coscienza di una necessaria etica solidale, un concetto che nel neorealismo passa tramite il catalizzatore dei bambini (nel caso specifico la piccola Maria), i quali indicano all’adulto, cosa sia giusto fare moralmente.
Gli incassi italiani furono ancora una volta deludenti per Visconti, nonostante la presenza del grosso nome di Anna Magnani.
Mentre la critica nostrana tra Aristarco e Mario Gromo, dibatteva su quanto fosse neorealista il film, all’estero il successo fu enorme e ripagò Visconti degli sforzi profusi in un’opera che segnò di fatto il suo epitaffio dal neorealismo, per approdare già dalla pellicola successiva, ai grandi melodrammi decadenti.
Un passaggio oramai resasi necessaria, dall’esaurimento della spinta propulsiva neorealista, i cui stilemi potevano andare bene per analizzare dei personaggi di bassa condizione sociale, ma erano limitanti, se non del tutto inutili, quando si volevano mettere in scena situazioni e vicende di classi sociali superiori, la cui psicologia complessa, richiedeva attori professionisti ed un linguaggio filmico differente, come d’altronde lo era la stessa Italia oramai lasciatasi alle spalle la guerra, per avviarsi verso il boom economico dalla metà degli anni 50’.  

 

Anna Magnani, Tina Apicella

Bellissima (1951): Anna Magnani, Tina Apicella



Film aggiunto alla playlist dei capolavori: //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati