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Sinfonia d'autunno

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Sinfonia d'autunno

di ethan
8 stelle

Eva (Liv Ullmann) vive con il marito Viktor (Halvar Bjork), un pastore protestante, e Helena (Lena Nyman), la sorella afflitta da un grave handicap, in una casa tra i fiordi della Norvegia. La tranquillità e la monotonia delle loro vite vengono turbate dall'improvviso arrivo della vulcanica madre delle due sorelle, Charlotte (Ingrid Bergman), pianista di grande bravura e fama internazionale, molto piena di sé ed egoista. La donna si pone subito al centro dell'attenzione, stupendosi del fatto che la figlia minore viva in casa, dato che lei l'aveva relegata in una casa di cura e lamentandosi in continuazione per il suo mal di schiena, che le impedisce di svolgere al meglio la sua professione. Durante una notte, in seguito ad un incubo di Charlotte, che la risveglia bruscamente, madre e figlia maggiore arrivano ad un serrato faccia a faccia dove regolano tutti i loro conti ancora in sospeso.

'Ostsonaten, ossia Sonata d'autunno, è stato malamente tradotto da noi con l'infelice 'Sinfonia d'autunno', travisando il senso che l'autore ha dato alla sua opera, che mette in scena un tiratissimo duetto tra Liv Ullmann e Ingrid Bergman, con il resto degli interpreti a far loro da coro; questo film, prodotto con capitali tedeschi ma girato in Norvegia è l'ultimo concepito da Bergman soltanto per il grande schermo e costituisce l'unico incontro tra i due grandi omonimi del cinema svedese, nonché il ritorno per la Bergman a recitare nella sua lingua madre dopo ben 38 anni ed infine il suo ultimo film al cinema in assoluto.

'Sinfonia d'autunno' è un dramma da camera a due voci di estrema compattezza narrativa, dotato di grande rigore formale e, al contempo, ricercato visivamente – con gli usuali e lunghi primi piani sui volti delle due attrici protagoniste, alternati a composizioni di inquadrature dove la posizione delle due rimarca chi, in quel determinato frangente, sovrasta e predomina l'altra – anche per merito della smagliante fotografia dai toni accesi e dalle particolari illuminazioni di Sven Nykvist, e ovviamente impreziosito dalle gigantesche prove delle due stelle, capaci di un incontro/scontro senza esclusione di colpi che raggiunge il climax di massima tensione nel redde rationem notturno, dove Eva rinfaccia alla madre di avere trascurato lei e la sorella (giungendo persino ad incolparla dell'aggravarsi della sua malattia), anteponendo la sua carriera – spinta da un lato dal suo smisurato egoismo e dall'altro dall'ampia considerazione di se stessa, con la prima che afferma di non poter perdonare la seconda per la troppa sofferenza patita, specie negli anni dell'infanzia, con la piccola Eva spesso lasciata sola, con la madre troppa occupata con le sue estenuanti esercitazioni.

Vengono così posti in risalto gli abituali grandi temi cari al regista scandinavo, vale a dire lo scontro generazionale, le esistenze segnate dalla mancanza di affetto e di amore ed il classico armamentario a sfondo religioso, con argomenti come la colpa, l'espiazione ed il perdono.

'Ostsonaten', tacciato da alcuni critici di sciatteria, è, viceversa, un sunto del linguaggio di Bergman, portato a livelli di eccellenza: è aperto da una (apparente) voce off che poi, grazie al movimento verso destra della mdp si rivela invece essere di Viktor, che guardando in macchina (primo camera-look bergmaniano), ci introduce la storia, restando per tutta la durata del film, come del resto gli altri brevi ruoli maschili (Erland Josephson e Gunnar Bjornstrand non hanno nemmeno un dialogo da proferire), in disparte e defilati ad osservare la recita principale, è strutturato con l'uso di molteplici flashback, con gli attori tutti inquadrati in campo medio o lungo e si chiude (con l'espediente, anch'esso ricorrente, della lettera, che Eva manda alla madre per riconciliarsi) con un filo di speranza per il futuro.

Voto: 8,5 (v.o.s.).

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