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Raman Raghav 2.0

Regia di Anurag Kashyap vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Raman Raghav 2.0

di alan smithee
10 stelle

Due diverse tonalità (o meglio origini) di cattiveria,un unico thriller entusiasmante e cupo suddiviso in capitoli incalzanti che contraddistinguono un cammino biblico al contrario,un percorso dalla luce verso il baratro della malvagità assoluta e fine a se stessa.Da un grandissimo regista indiano,una ulteriore conferma del suo talento non comune.

34 TFF- FESTA MOBILE 

Ad inizio film, prima ancora di spettacolari titoli di testa in cui i volti dei due incredibili protagonisti si alternano per lunghi primi piani cadenzati da volti digrignanti e deformati da espressioni innaturali, una scritta ci dice chi o cosa è  stata una particolare persona, ovvero cio' che ha rappresentato a livello di minaccia per la sterminata collettività indians, ma pure che questo film NON è la sua storia.

Già questo intrigante, insolito particolare riesce ad esaltarmi, mentre una musica pop potente e ritmata segna un tempo allucinato da ciò che solo in seguito vedremo.

La vicenda di due uomini sprofondati nell'orrore: la cattiveria degenerata in crimine ed il male assoluto e fine a se stesso.

Le diffetenti sfumature di una medesima malvagità: una innata nell'essere immondo, l'altra coltivata come vizio ed in via di definizione.

Un film sul male, sulla cattiveria assoluta di cui è capace l'uomo: tutto quanto racchiuso in un thriller concitato e dal ritmo sostenuto, anzi perfetto.

Per chi un pò conosce lo straordinario eccentrico regista indiano Kashap  (l'epopea ricercata vintage e sin un po' kitch di Bombay Velvet vista a Locarno, ma soprattutto Ugly e ancor più la dinasty scortesiana (ma anche un po' coppoliana) lunga 5 ore de Gangs of Wassypur) sa che da sempre il male e la prevaricazione stanno al centro delle sue tematiche, come una ossessione che trova nella sua direzione sulfurea ed emozionante, un modo dirompente per stordire o emozionare (io scelgo la seconda opzione) lo spettatore.

Un "assassino nato" si ispira per le sue nefaste gesta ad un maniaco che dagli anni 60 agli 80 lasciò sul campo oltre 40 vittime. Seguiamo il suo agire, armato di spranga e cric d'automobile, mentre massacra la sorella e la sua famiglia, e un giovane commissario di polizia dalla forte dipendenza da droghe, che si intestardisce nel catturarlo, senza peraltro farsi scrupolo di mietere lui stesso vittime ed addossare la responsabilità all'omicida seriale.

Nasce in tal modo una simbiosi satanica in cui ognuno dei due individui metterà a repentaglio la propria già fragile situazione "affettiva"...se di affetto si può parlare.

Il regista fa faville con rimandi temporali e flashback giostrandosi a meraviglia, con riprese quasi pulp che sconvolgono anche senza ricadere nel gore più sfacciato.

Un poliziotto strafatto dal fisico seducente (pare il Fabrizio Corona indiano, sia di fisico sia per l'immoralita' che si porta appresso con spavalda strafottente disinvoltura) che si porta dietro una fidanzata dalla bellezza non comune,  succube tuttavia dei suoi eccessi rovinosi e sempre più compromettenti.

Anurag Kashyap è dunque il regista della rappresentazilne del male, delle sue metamorfosi, della sua sfaccettata e sadica, forse anche compiaciuta, ma meravigliosa e seducente rappresentazione. 

Per me un capolavoro di ritmo, suddiviso in 8 capitoli che sono le derive verso un inferno, scandite da scritte e titoli biblici suggestivi che ricordano atmosfere da fumetto noir, anzi nerissimo, senza speranza. 

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