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Il silenzio del mare

Regia di Jean-Pierre Melville vedi scheda film

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La recensione su Il silenzio del mare

di alan smithee
8 stelle

J-P. MELVILLE

Nel vivo del Secondo, atroce Conflitto mondiale, e precisamente nell’inverno del 1941, quando la Francia risultava divisa e razziata dalle truppe naziste in espansione, in un paesino affacciato sull’Atlantico, le SS fanno irruzione per stanziarsi in loco, utilizzando quel piccologruppo di case come avamposto. Un ufficiale di nome Werner comunica ad un anziano abitante che vive con la silenziosa nipote, che una camera della loro abitazione verrà riservata a proprio alloggiamento: il soldato diviene in sostanza un “pretendente asilo”, per utilizzare termini simili a quelli – opposti – tanto tristemente comuni oggi.

Ma l’atteggiamento del militare, non è affatto in linea con lo stile di comportamento dell’invasore nazista: l’uomo, dopo la prima apparizione ufficiale, inizia a presentarsi vestito in abiti civili, cerca di intavolare, col suo francese molto fluente, conversazione con entrambi i componenti sopravvissuti di quella famiglia: due persone miti ma anche ritrose, poco avvezze a lasciarsi andare a discorsi, più propense ad ascoltare. Poco per volta, l’ufficiale avrà occasione di aprirsi all’ascolto dei due, nelle lunghe e fredde sere invernali, mentre i due leggono e cuciono dinanzi al focolare.

E tra ricordi e memorie edulcorate da una visione distorta e per certi versi ingenua della realtà, poco per volta emerge l’animo sensibile ed umano del militare, che si discosta nettamente da quei principi di dominio mondiale che fino a poco tempo prima lo entusiasmavano e riempivano di motivazioni. La presa di coscienza del prezzo delle conquiste naziste, degli stermini praticati nei campi, dei programmi ambiziosi e mostruosi messi in campo da Hitler e dai suoi seguaci, sconvolgerà la mente dell’uomo, al tempo stesso irretito dallo sguardo mite e dagli occhi magnifici della bella giovane, di cui l’uomo ormai si è perdutamente innamorato.

Distrutto, Werner decide di ripartire per il fronte, quasi a volersi infliggere quella punizione che sente di meritarsi in quanto appartenente ad una razza brutale colpevole di tutti quegli eccidi.

L’ultimo scambio di sguardi con la fanciulla sarà straziante, ma anche rivitalizzante, e uscendo dalla casa, la scritta di Anatole France che appare non a caso agli occhi degli invasori (“Viva il soldato che disubbidisce ad un ordine criminale”), delinea probabilmente i propositi che maturano nella mente destabilizzata e sconcertata dell’ufficiale.

Esordio struggente e anche potente nel lungometraggio da parte di quel cineasta che in seguito verrà riconosciuto come uno dei massimi esponenti del genere “polar”, Jean-Pierre Melville, “Il silenzio del mare” si presenta strutturato con una tecnica narrativa complessa e decisamente innovativa, strutturata con un alternarsi di una voce narrante del padrone di casa, che riempie i silenzi che intercorrono tra i due familiari, e rompe la vera e propria confessione a puntate che il soldato fa di sé durante le lunghe e fredde sere invernali, in cui la cucina, ambiente più caldo e illuminato della casa, diviene luogo di ritrovo, occasione per trascorrere il tempo raccontando storie e parlando di sé.

La terza protagonista invece non parla, ma comunica con quello sguardo stupendo e penetrante che i suoi occhi meravigliosi sanno condurre ed esplicitare.

Ed il film, completamente differente dal cinema che seguirà in capo a questo grande autore, affronta tematiche scottanti e dilanianti, pur riflettendosi, più che su un campo di battaglia, lungo un tormentato viaggio introspettivo ove tre personaggi appartenenti a classi, culture e nazioni differenti, si mettono a confronto, concordando da entrambe le parti un orgoglioso, anche se trattenuto, sdegno verso un mondo bestiale che pare non avere più limiti quanto a brutalità e furore.

 

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