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La polizia incrimina, la legge assolve

Regia di Enzo G. Castellari vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La polizia incrimina, la legge assolve

di Dik
8 stelle

Azione, colpi di scena, denuncia sociale; sono questi gli ingredienti principali di questo film, evoluzione del genere inaugurato un anno prima da “La polizia ringrazia” (1972) di Stefano Vanzina, considerato dai più, il capostipite del filone “poliziottesco”. Partito dal porto di Genova, proseguito sulla A12 e concluso sui tortuosi tornanti dell’Aurelia, nei pressi di Santa Margherita Ligure (GE), lo spettacolare inseguimento, montato superbemente da Vincenzo Tomassi e diretto con maestria da Enzo G. Castellari (Enzo Girolami), è solo l’assaggio iniziale di una pellicola che mantiene sempre alta la tensione e non ha mai tempi morti. Comunque, la sceneggiatura di Tito Carpi, Gianfranco Clerici, Leonardo Martin e del regista, utilizza l’azione come amalgama per qualcosa di più polemico e sottile. Ecco allora la figura del commissario Belli (interpretato da un ottimo Franco Nero (Francesco Sparanero), il primo Commissario di ferro in anticipo di un paio d’anni sul collega Maurizio Merli), nervoso, manesco, convinto che la legge favorisca i delinquenti e leghi le mani alle forze dell’ordine; si mette sulle tracce di un grosso trafficante di droga e ne smaschera le connivenze con l’alta finanza e la politica. Rimarrà solo. Per il 1973, un bel pugno nello stomaco, visto che si palesava ciò che si poteva anche intuire, ma che difficilmente veniva portato alla ribalta. Mai si era vista una posizione così estremista da parte di un pubblico ufficiale, il quale considera il Codice “buono per i polli” e non perde occasione per denunciare corruzione e malfunzionamenti nello stesso Corpo di Polizia. Su tutte, spicca la celebre sequenza (volutamente enfatizzata dalla produzione) del drammatico faccia a faccia tra Belli ed il commissario capo Scavino (Whitmore): quest’ultimo, stanco e disilluso, fa presente che la società è in pericolo, la polizia deve difenderla, ma il poliziotto non è un eroe; alchè il primo, onesto ed inferocito contro il sistema, gli grida sul muso: “La polizia è al servizio del cittadino… ma quale cittadino? Quello che conta, quello che comanda, quello che paga!”. Per scardinare questa sua convinzione, Belli arresterà i trafficanti di droga e gli altolocati imprenditori, ma perderà la figlia [Stefania G. Castellari (Stefania Girolami), vera figlia del regista] e gli verrà malmenata la convivente (Boccardo). Il grande Fernando Rey (Fernando Casado Arambillet) è l’anziano e malato trafficante Cafiero, un ruolo simile, per certi versi, al boss Alain Charnier, interpretato ne “Il braccio violento della legge” (1971) di William Friedkin, mentre Ely Galleani (Eleonora De Galleani) è una squillo d’alto borgo. L’imprevisto ed ambiguo finale verrà ripreso quasi integralmente in “Roma violenta” (1975), prodotto dallo stesso Edmondo Amati e diretto da Franco Martinelli (Marino Girolami), padre di Enzo G. Castellari.

La colonna sonora

L’eccellente colonna sonora di Guido e Maurizio De Angelis è diventata un classico dei polizieschi all’italiana.

Cosa cambierei

Senza nulla togliere all’emozionante inseguimento iniziale, la parte ripresa sull’A12 (un’autostrada piena di gallerie), vede la volante della polizia, prima con ambedue le luci accese e, pochi secondi dopo, con il faro anabbagliante sinistro bruciato. Un episodio sfortunato, troppo vistoso per non essere stato notato in fase di montaggio, ma non abbastanza grave da indurre la produzione a far ripetere la scena.

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