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Lo and Behold - Internet: Il futuro è oggi

Regia di Werner Herzog vedi scheda film

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La recensione su Lo and Behold - Internet: Il futuro è oggi

di Ascasubi
6 stelle

L’aggeggio che ha permesso la prima trasmissione internet non si trova in cima ad un podio di un tempio o dentro quei santuari moderni che noi chiamiamo musei, più semplicemente è rimasto in una stanza di una università di Los Angeles. La sacralità è comunque riconosciuta e garantita. Qui il pellegrinaggio laico - più che santificare un insieme di circuiti della forma e delle dimensioni di un frigo - cerca di carpire l’atmosfera di uno snodo topico della storia umana; niente di più etereo, niente di più sacro.

L’inizio di Lo an Behold, docufilm di Werner Herzog, è dei più promettenti: un oramai insostituibile mezzo di comunicazione troppo spesso elevato a Credo che si è posto come compagno insostituibile (ma discutibile) della nostra vita. In realtà questa fatica del maestro tedesco si perde subito, non malamente, ma piuttosto banalmente nella piattezza espositiva di un buon documentario televisivo. 

L’ossatura è quella dell’intervista che garantisce all’autore l’obbiettività dei molteplici punti di vista, ma che raramente consente allo stesso sbocchi artistici degni di un grande autore. Si ritrova e si riconosce Herzog in piccoli lacerti di film lontani dal faccia a faccia dell’intervista, nella visione tediosa di piccoli robot aspirapolvere che giocano a calcio (che vincono sempre mediante lo stesso schema), e nella stanza vuota di una ragazza che ha perso la vita e che è stata messa alla gogna dai troll del media contemporaneo. Quando poi il film si spinge nella riflessione stuzzicante di un’entità senziente che acquista progressivamente potere - il web - appaiando tale problematica agli studi di robotica e ai viaggi interplanetari si ha la sensazione della proverbiale sommatoria tra pere e mele. 

Senza dubbio più umane e centrate l'intervista con l’hacker e le riflessioni perentorie e al contempo pacate dell’astrofisico Krauss: qui l’uomo - con la sua carica umana - si riprende il suo ruolo, quello stesso rapporto di giusta subalternità tra uomo e tecnologia. tra uomo che usa ciò che lui stesso ha creato senza farsi a sua volta usare nonostante un’irreversibile simbiosi.

 

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