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Blind Sun

Regia di Joyce A. Nashawati vedi scheda film

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La recensione su Blind Sun

di alan smithee
7 stelle

L'afa sconvolge città e campagne creando disagi e forme di follia collettiva. Un uomo si rifugia in una bella casa disabitata in attesa di proseguire. Ma alcune presenze nella casa vogliono allontanarlo e farlo esporre al calore mortale che mortifica ogni forma di vita. Thriller greco sospeso e fumoso dal grande potere attrattivo e di gran fascino.

Intrigante opera prima di una talentuosa regista franco greca di nome Joyce A. Nashawati, che ci immerge nell’afa e nei misteri di una Grecia sopraffatta, oltre che dalla crisi economica, da una anomala e devastante ondata di caldo che induce gli esseri umani ad una emarginazione di sopravvivenza, spingendoli in alcuni casi estremi, a comportamenti stravaganti e a scatti violenti difficilmente controllabili. La vicenda si concentra sulla figura solitaria di un immigrato turco di nome Ashraf, che, vagando tra le strade rurali deserte e senza vita, si imbatte in una bella casa moderna e finemente arredata, completamente disabitata, impossessandosene ed occupandola.

All’interno, strani avvenimenti e figure sfocate quanto misteriose si avvicendano a turbare la mente già compromessa del nostro uomo, impegnato a sopravvivere e ad accaparrarsi acqua per sopravvivere alla arsura circostante che fa impazzire ogni essere vivente.

Echi “antonioniani” e richiami, suggestioni visive e geometriche (la villa del film segue lo stesso destino “esplosivo” di quella avveniristica e futurista del film di Antonioni) che citano senza troppo mistero le note scene di distruzione del finale indimenticabile di Zabriskie Point, ci catapultano in un intrigo fumoso e poco comprensibile dall’alto tasso di suggestione: Blind Sun non è molto chiaro e lineare: né tantomeno è facile comprendere dove voglia parare il mistero che soggiace dietro quella devastante calura: certo il disagio materiale di una crisi (economica) che ha letteralmente messo in ginocchio un paese tra i più antichi e gloriosi è molto forte e trapela chiaramente, prepotentemente, anche quando è travestita da catastrofe dai contorni mistico-misteriosi.

Una regista, la Nashawati, che già in un suo precedente corto, molto apprezzato a vari festival internazionali, intitolato “Parasol”, aveva già espresso la sua particolare attenzione-ossessione verso l’elemento “calore” e verso il nostro astro più prossimo, fonte primaria ed indispensabile di vita certo, ma anche minaccia incontrollata in caso di rottura degli equilibri universali perfetti che ci assicurano la persistenza delle condizioni ideali di sopravvivenza sul pianeta.

E il mistero rimane tale, senza particolari chiarimenti o esemplificazioni: ma la sua rappresentazione appare così efficace e attanagliante che è forse meglio non svelarne troppo la natura, per non inciampare in spiegazioni inevitabilmente deludenti o in grado di smorzare molto dell’entusiasmo che il film affascinante è in grado di raccogliere almeno sui parte del pubblico.

 

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